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Vita di un’insegnante di sostegno… a distanza: il Coronavirus ci ha tolto l’inclusione, ma non i suoi principi

#inclusionesenzafiato #credercièpossibile #coronavirus

Con l’emergenza Coronavirus torna il “Vita di un’insegnante di sostegno” che qualche tempo fa aveva trovato spazio e successo su Tuttoscuola.

Caro Diario,

prendi più o meno 50 anni di diritto scolastico, 50 anni di studi pedagogici, sociologici e didattici e soffocali; il Coronavirus all’inclusione – come alle altre vite spezzate – ha fatto questo: le ha tolto il respiro. 

La sera che hanno chiuso la scuola io non ho dormito e non tanto per Francesco che ha un ritardo trascurabile e una famiglia collaborativa e combattiva, ma per Rachele che ha lo spettro autistico, per Gianluca che ha la certificazione ADHD e la scuola è l’unico luogo di socializzazione e per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali che ho nella mia scuola. 

La referente inclusione al telefono mi ha detto: “Chiamiamo le famiglie e facciamo capire loro che ci siamo. Qualunque strada prenderà la didattica a distanza, prima di tutto affiancheremo loro”. 

Madre Terra!

Lo sai come sono. Solitamente sgretolo montagne con lo sguardo, mi carico macigni e lascio il solco sul terreno pur di avanzare, mi infuoco, mi infurio, scalcio, ma davanti a tutto questo io ho taciuto. In fondo che c’era da dire? Nell’art. 34, quella sera, abbiamo tutti letto “La scuola è chiusa per tutti…” e in una realtà in cui l’uguaglianza equivale all’isolamento, concetti come inclusione ed esclusione non esistono. 

In quel silenzio assordante e caos senza voce, Valentina mi ha chiamata: “Ciao Sara…io ho pensato di procedere così. Pensi possa andare bene per Francesco?” 

Il Coronavirus ci ha tolto l’inclusione, ma non ci ha tolto i suoi principi e io grazie a Valentina ho pensato che crederci è ancora possibile. 

Sara

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