Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Vita di un’insegnante di sostegno: quanto è difficile lasciarli camminare da soli

#lasciarlicamminaresoli #Leo

Caro diario,

è uno di quei giorni no. Lo si nota dall’abbigliamento perché più che essermi vestita, è il caso di dire che mi sono coperta.

Entro in classe in seconda ora e guardo Leo al primo banco ancora con il cappotto, i regoli sparsi sul banco, l’assistente leggermente innervosita il resto della classe assorto a guardare la lavagna. Leo mi guarda cercando comprensione, già sa che l’assistente mi farà notare che oggi non ha voglia.

«Io sono stanco e non mi va di fare matematica». Leo è un ragazzino dolcissimo, ma autoreferenziale, di quelli che dopo 15 minuti ti sfiancano e quando sa che sta facendo qualcosa che non va comincia a parlare senza sosta per evitare di farti intervenire. Mi siedo e prendo il quaderno di matematica e scrivo: «Come stai?».  Legge a fatica, ma legge, scrive a fatica, ma scrive. Prende il quaderno, una penna, smette di parlare e con quella grafia che comprendiamo in pochi risponde: «Bene, però quando non ci sei sono agitato». Leggo e in silenzio scrivo «E perché?». Il suo dito scivola sulle lettere per aiutare gli occhi a comprendere il messaggio: «Perché solo con te riesco a fare le operazioni».

Per farlo leggere e scrivere a volte devo attraversare la terra di mezzo, ma questo gioco gli piace. È la nostra chat istantanea, il nostro WhatsApp. «E quando io non ci sono, non fai le operazioni?» scrivo mentre lui legge e a voce alta risponde un secco «No».

Farli camminare da soli è la cosa più difficile. «Io non sempre sono con te, dobbiamo trovare un modo per riuscire a fare le operazioni da soli. Cosa possiamo fare?». Legge con affanno lo stampatello, ma è intelligente. «Ti seguo». Sorrido e gli spiego che non è una soluzione, «Allora mi serve una medicina».
«Leo non è una malattia», gli rispondo.
«Prof, e con una magia?». Ma si giochiamo con la fantasia, rifletto. «Cerca nella classe qualcosa che ti fa stare tranquillo». Si guarda intorno e scrive: «Posso farmi aiutare da Carolina? Anche quando sono vicino a lei sono calmo. Prof, lei parla piano». La compagna lo guarda e gli sorride. È così timida, ma così sveglia. In silenzio aspetta che io dica qualcosa. Ma io sto zitta, giro il quaderno verso di lei, mi alzo e mi allontano dal banco. Leo guarda la compagna mentre prende la penna e non si accorge che io sono già dall’altra parte dell’aula, é troppo concentrato a leggere cosa le sta scrivendo Carolina. Insieme fanno cinque addizioni e cinque sottrazioni. Un piccolo passo è stato fatto. Autonomia unica via.

Sara

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