Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Vita di un‘insegnante di sostegno: cara collega, scendi dalla cattedra e chiedi ai bambini

#formarsi&informarsi #piùistruzioneèlasoluzione

Caro diario,

ci sono dei post che fanno male come una sportellata in faccia. Quelle sportellate che ti spaccano il setto nasale e nel giro di uno, forse due secondi, ti fanno rivalutare il senso della vita per il dolore. Le righe scritte sui social da una collega trasudano buona fede e una semplice richiesta di aiuto, ma fanno male.

“Sara che ne pensi?” mi ha detto Livia mostrandomi lo schermo del suo smartphone. L’ho letto di getto e mi si è gelato il sangue alla decima parola. L’ho riletta tre volte, giuro. C’è scritto “inserita”.

“Cari colleghi in una classe attigua alla mia è inserita un’alunna autistica…”, così inizia il post pubblicato all’interno di un gruppo per insegnanti su Facebook. Di seguito il post integrale:

Mentre la mia mente ripercorre le fasi della storia della scuola italiana che hanno portato dall’esclusione all’inclusione e il mio diaframma pompa come se non ci fosse un domani perché vorrebbe gridare “stiamo ancora messi così?” penso al tono del mio professore quando ancora alle primissime armi – meno di quante ne ho ora – all’ascolto del mio “lo porto in classe” mi spiegò che non stavo parlando di un pacco. Gli alunni con disabilità non sono cose che vengono portate, inserite, messe in qualcosa. Gli alunni con disabilità sono persone che vengono incluse. Il tono accogliente seppur di rimprovero me lo ricordo bene. Quell’episodio è stato per me di grande insegnamento, ma io non sono saggia come lui. Io non sono professionalmente matura come lui. Io mi infuoco e mi verrebbe voglia di gridare: “Siamo ancora a questo punto?”

Luca spesso gioca con Rachele. Rachele è tale e quale alla bambina descritta nel post “un’alunna autistica che strilla, canta o fa versi per tutto il tempo”. Lo saprà la collega che cos’è lo spettro autistico? Perché strillare, cantare e fare versi tutto il tempo è nel loro dna. Io a questa maestra dovrei presentarle Carlotta, la mia amica che ha due figli dal cuore blu. Dovrebbe sentire Carlotta come parla dell’ecolalia. Sarebbe capace di realizzare almeno quindici puntate di Zelig. Carlotta quando sono nati i suoi due figli non sapeva a cosa stesse andando incontro, noi quando entriamo in classe, invece, lo sappiamo bene. Non solo abbiamo una buona previsione, ma abbiamo gli strumenti. Se ci formiamo e informiamo, possiamo applicare una moltitudine di strategie, metodi e approcci educativi che renderebbero la scuola più inclusiva.

Cara maestra quando ti scoppia la testa entra nell’aula dov’è inclusa la bambina, siediti vicino a lei e chiedile di fare piano. Fallo tutte le volte che ne senti il bisogno. Entra nell’aula e chiediglielo. Ti avviso: la bambina non cambierà. Tu sì però e ti assicuro che vedrai tutto diversamente. Sarà questo che ti aiuterà a trovare il modo di farcela. Conoscerli è tutta un’altra storia.

“L’insegnante di sostegno – si legge ancora nel post  – presente per tutto l’orario in rapporto 1/1, forse condizionata dalla madre pretende che non venga mai fatta uscire dalla classe, non esce mai dall’aula adducendo il fatto che bisogna farsi tutti carico della patologia della bambina”.

Scrivo e cancello, scrivo e cancello. Io vorrei dire quello che penso, cioè non vorrei dirlo, infatti mi sento la voce del professore – tipo grillo parlante – che mi ricorda che devo essere gentile. Io, invece, ho la testa tra le mani, le gambe incrociate e lo stomaco ribaltato.

 “Rapporto 1/1”: gli alunni con disabilità non sono delle insegnanti di sostegno. Gli alunni con disabilità sono gli alunni di una classe guidata da un consiglio, costituito da un team di docenti di cui l’insegnante di sostegno fa parte. Nell’ambito dell’inclusione l’insegnante di sostegno gioca un ruolo fondamentale, ma dieci volte su dieci, un docente di sostegno compie miracoli solo e soltanto se lavora in una squadra.

“Forse condizionata dalla madre pretende…” Sto zitta. Rifletto. Rifletto sull’uso nella stessa frase di “condizionata” e “pretende”. Vorrei tranquillizzare la maestra. L’insegnante di sostegno non si lascerebbe condizionare neanche dal Presidente della Repubblica. Se sta piantata in classe è perché lo prevede la legge ecco perché lo “pretende”. Forma verbale del tutto inappropriata, ma che appartiene all’insegnante di sostegno. Noi praticamente lottiamo ogni giorno per avere cose che la normativa ci ha già dato.

“Bisogna farsi tutti carico della patologia della bambina” Le parole santamiseria, le parole sono importanti. Come fai a non renderti conto che stai dicendo pubblicamente che la piccola è un fardello, come fai a non renderti conto che il problema non è la mamma, non è la collega di sostegno, non sono i bambini che la imitano, ma è la scuola e non è la scuola in quanto struttura, offerta formativa, scelta dirigenziale, ma il cuore della scuola?

La fine del post termina con la richiesta di un consiglio. Io inizio con le scuse. Scusa cara insegnante se ti sono sembrata brusca, inappropriata, irriverente, scusa se ti sei sentita offesa e impreparata. Scusa. So perfettamente che sei solo stanca e che vuoi fare solo al meglio il tuo lavoro, ma la scuola richiede “accoglienza e competenza” e per renderla tale siamo noi a dover cambiare.

Il mio consiglio è quello di chiudere i libri, scendere dalla cattedra, uscire dall’aula e conoscere la bambina. Il mio consiglio è quello di chiedere ai bambini cosa fare.

Se la bambina avesse avuto bisogno di un sostegno economico sono certa che le mamme, le maestre e i collaboratori si sarebbero attivati per raccogliere dei soldi e offrire il proprio sostegno. Sono certa che avrebbero fatto squadra e si sarebbero offerti – e non fatti carico – di dare il proprio contributo.

Chiedi un incontro interclasse e parlatene. Sarebbe bello sapere com’è andata: la questione mi sta particolarmente a cuore.

Sara

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