Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Vita di un’insegnante di sostegno: quell’ora di straordinario magica in cui mi siedo in cattedra

#ProdigiInOmaggio #Classe

Caro diario,

di solito l’insegnante curriculare, quando entra in classe e vede due sedie vicino alla cattedra, non si pone troppi problemi: una la usa per sedersi, l’altra per metterci le borse. Ci sono insegnanti di sostegno che lo fanno notare, altri che fanno finta di niente e rimangono in piedi tutta l’ora. Poi, ci sono quelli come me, che il problema non se lo pongono perché si siedono semplicemente dove c’è posto.

Ci sono mattine però in cui avviene il prodigio e ti assegnano un’ora di straordinario perché manca un collega e gli insegnanti di sostegno come me, che di norma siedono in fondo all’aula, avanzano e si siedono in cattedra. Almeno in quelle scuole in cui i banchi sono ancora disposti a file e rivolti verso la lavagna. Fa un certo effetto. Gli sguardi dei ragazzi visti frontalmente sono meravigliosi. Quasi tutti hanno già la mano alzata, sanno che a te possono chiedere praticamente tutto perché di solito siedi accanto a loro e sono ancora troppo acerbi per capire che in consiglio di classe il tuo voto vale tanto quanto quello dei colleghi; ma io, il modo che hanno di approcciarsi a me lo adoro, quasi lo cerco. Li lascio chiedere, interagire, ma poi arrivo sempre a fare la finta tonta, quella che non ha capito a che punto sono del programma, che si confonde, tentenna e allora li vedi sbracciarsi perché devono spiegarmi, farmi comprendere. Mentre ciascuno di loro dà il proprio contributo affinché io capisca tutto ciò che la docente curriculare ha detto loro fino all’ultima lezione, io faccio domande, infinite, li spingo oltre il libro, le fonti, le parole dei colleghi e contemporaneamente traduco sulla lavagna le loro risposte.

Quando alla fine dell’ora svelo loro che hanno appena tenuto una lezione e hanno saputo collegare tecnologia a geografia, geografia a geometria, geometria a scienze, scienze ad italiano, rimangono in silenzio. Gli occhi verdi, marroni, azzurri, piccoli e grandi sparsi nell’aula, ti fissano. È in quell’istante che avviene il secondo prodigio. Nessuno chiede di andare al bagno, nessuno gioca col diario, nessuno guarda il banco. All’unisono contemplano la loro opera d’arte disegnata sulla lavagna e, compiaciuti, sorridono.

Sara

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