Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Vita di un’insegnante di sostegno: gli educatori che si scandalizzano

#educatoricomequadrifogli #scandalo

Caro diario, 

gli educatori che si scandalizzano li soffro tanto quanto quelli che si firmano anticipando al nome il titolo di studio.

Mi è corsa incontro dicendomi che l’ha incontrato per strada che urlava, che l’ha visto inginocchiarsi per terra e mettersi le mani nei pantaloni. Mi ha detto che la mamma ha provato a tirarlo su e mentre tutti la guardavano, era evidente che si stava vergognando. “Tuo figlio di quindici anni, in bagno, con il cellulare, secondo te che fa?” le ho detto. Ha alzato le sopracciglia e ha taciuto.

L’ho freddata, lo so. Sono stata scortese e spietata. Sono stata fuori luogo. Santo Cielo, lo so. Avrei dovuto sorridere e lasciar correre. Perché parlo? Dovevo essere saggia e stare zitta. Si, dovevo stare zitta, ma avrebbe dovuto farlo anche lei.

Certe volte capita che Luca si metta le mani nei pantaloni. Dura una frazione di secondo perché mi basta adottare la solita strategia per fargli capire che non è il luogo o il momento per conoscersi. Tra l’altro non so neanche quanto si conosca. Quello che so è che le prime volte che glielo abbiamo visto fare lei gli ha gridato: “Fermo non si fa, non devi farlo”. Succede anche adesso. Glielo dice così forte che Luca strizza gli occhi e mi guarda. Sono l’ago della bilancia, colei che traccia il confine tra il lecito e illecito. Il fatto stesso che mi chieda se è vietato dimostra la genuinità dell’azione, l’assenza di malizia e io non me la sento di dirgli che la natura che lo spinge a scoprire il suo corpo è sbagliata, ma sono una donna e il ruolo educativo in queste circostanze è delicatissimo.

“Luca ha bisogno di un educatoreun assistente educativo culturale o un insegnante di sostegno. Luca ha bisogno di identificarsi”: l’ho scritto sulla relazione osservativa iniziale, l’ho messo a verbale nei GLHO, l’ho scritto nelle relazioni intermedie e in quella finale, ma trovare del personale educativo maschile è come trovare un quadrifoglio in un prato di diecimila ettari.

Quando Luca si mette le mani nei pantaloni io non voglio rimproverarlo, né incoraggiarlo perciò sdrammatizzo: “Dimmi, c’è tutto? O ti sei perso qualcosa?”. Il messaggio comunicativo, volutamente complesso, costringe Luca a concentrarsi e, tu non ci crederai, ma lo sai come si concentra Luca? Poggiando la mano con le dita chiuse sulla fronte. In sostanza se gioco con le parole Luca toglie le mani dai pantaloni per cercare di comprenderle. Non so dirti se sia giusto o sbagliato, ma so che funziona. Una scenetta che ripete sempre lo stesso schema, ma che fa gridare allo scandalo. Secondo me prima o poi la mia collega sviene, ma detto tra noi non posso preoccuparmi anche di questo, io sono qui per fare scuola e si sa che la scuola è anche questo. 

Sara

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