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Vita di un’insegnante di sostegno (al tempo del Coronavirus): tempo di scrutini

#adhd #valutazione

Caro Diario,

è tempo di scrutini e io sono nervosa. Non è solo per i tumulti personali generali, che al tempo del Coronavirus diventano macigni all’altezza dello sterno, ma perché non riesco a essere assertiva nei confronti di chi non conosce e/o comprendere il funzionamento umano. E’ un mio limite, lo so, ma non ci riesco. 

Sono le 16.30 e abbiamo appena finito di scrutinare Clara. Clara è meravigliosa. Ha gli occhi neri come la pece, le mani curate, i capelli ricci, lucenti e ha gli occhi pieni di idee e di sogni, che, grazie alla sua intelligenza linguistica, riesce ad esprimere in italiano, in spagnolo e in inglese. Ho scoperto che parlicchia anche il russo e il moldavo. Ai giochi matematici si è piazzata al terzo posto e diciamolo, è un po’ il nostro orgoglio, il nostro fiore all’occhiello. Nessuno lo dice, ma lo sappiamo bene che Clara con o senza di noi, brillerebbe comunque. 

Nell’elenco, dopo Clara, c’è Sabrina. 

“Dulcis in fundo”, apostrofa il coordinatore. Sabrina è meravigliosa, quanto Clara. Ha i capelli rossi e ricci, le unghie, però, a differenza di quelle di Clara, sono smangiucchiate, perché le idee e i sogni non riesce a contenerli nei fari blu, che ha al posto degli occhi.  

Ha tutte sufficienze, poiché ha tempi di attenzione limitati. Abbiamo lavorato tanto in questi mesi per aumentarli, ma con scarsi risultati: l’impossibilità di organizzare gruppi cooperativi al tempo del Covid, la svantaggia moltissimo; tuttavia, ha imparato a comprendere quando è più irrequieta del solito. Nei momenti in cui le sfugge, mentre liquida, sbaracca il banco, invade lo spazio degli altri, smania, basta guardarla per ricevere in cambio un sorriso e sentirsi dire: “Sì, ho capito Prof.” La sua compostezza dura meno di un battito d’ali, ma quello è il suo funzionamento e chiederle di essere piantata sulla sedia, con le gambe incastrate sotto il banco, è una tortura; eppure, a quanto pare, si beccherà una sufficienza anche in comportamento. Il tabellone parla chiaro, ha distinto solo in scienze motorie. La matematica non è un’opinione, eppure, non lo è neanche la diagnosi: ADHD, sindrome da deficit di attenzione e iperattività. 

Oltre lo schermo i visi dei colleghi sono tranquilli, unanimi, solo quello del dirigente appare dubbioso: “Scusate, Sabrina Rossi non è l’alunna certificata ADHD?”, “Sì Preside. A settembre ha iniziato una cura farmacologica”, rispondo, cogliendo l’occasione per sottolineare il funzionamento dell’alunna. Il bello dei Presidi è che presiedono: “Abbiamo tenuto conto di quanto dice la normativa?”, chiosa, mentre i visi dei colleghi cominciano a mostrarsi incerti. 

Sulla condotta di Sabrina si accende il dibattito com’è normale che sia, perché, va ammesso, è una vera spina nel fianco durante le attività didattiche. “Lo dico – continua il Preside – perché nella normativa si legge: sarebbe pertanto auspicabile che la valutazione delle sue azioni fosse fatta evitando di attribuire valutazioni negative per comportamenti che sono attribuibili a fattori di tipo neurobiologico.” Mentre ascolto le parole del dirigente, che è musica per le mie orecchie avviene il colpo di scena e il dibattito sulla condotta di Sabrina non è più un elenco di atteggiamenti non conformi, fuori dalla norma, ma diventa un’occasione per riflettere sulla crescita che ha fatto in questi mesi, sulla maggior consapevolezza di sé stessa e sui tentativi di autoregolazione. 

Come per magia quella sufficienza si trasforma in un buono e finalmente la valutazione diventa “dare valore” al progresso, al successo, al miglioramento di chi per stare al mondo deve lottare a volte contro se stesso.

Sara

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