Caro Diario,
io ho l’ansia e non è perché sono donna, perché sono docente o perché sono stata chiusa in casa tutto questo tempo; io sono ansiosa perché l’approccio alle capacità* che, da manuale, è la conditio sine qua non dell’inclusione, a scuola bisogna elemosinarlo. La didattica distanza, forse, sta solo sottolineando che manca la progettazione didattica, condivisa, e se non corriamo ai ripari, il prossimo anno sarà una catastrofe.
Lucia ha 16 anni e frequenta la classe prima del liceo classico. Ha gli occhi azzurri e i capelli color rame. Sa contare fino a 25 con l’aiuto di alcuni strumenti e sa svolgere le sottrazioni in modo meccanico. Sottrae e addiziona solo perché i + sono evidenziati di blu e i – di rosso. Oggi abbiamo giocato con la Jamboard e mi si è ristretto il cuore, primo perché abbiamo giocato come se frequentasse la scuola primaria, secondo perché eravamo noi tre: io, lei e la mamma.
Il prossimo anno se ci sarà ancora la DaD, anche se solo per i primi mesi, sarà veramente una catastrofe. Mi ritroverò a svolgere il mio lavoro in un’auletta per disabili virtuale. Conoscendomi lavorerò il doppio delle ore senza batter ciglio. Parteciperò alle ore in compresenza, come da contratto – ore in cui Lucia sarà solo fisicamente presente davanti alla webcam e verrà coinvolta durante l’appello e in circostanze relative a “come stai?”, “cosa hai fatto ieri?”, “ti piace?”, “vuoi farlo?” e poi organizzerò meet individuali per consentirle di raggiungere gli obiettivi di apprendimento. Da insegnante di sostegno mi trasformerò in tutor a distanza.
Morsi l’ansia, io e i colleghi di sostegno ci siamo rimboccati le maniche per tentare il colpaccio. L’idea è quella di progettare una proposta educativa in cui l’ambiente di apprendimento sarà la città, soprattutto per gli alunni con bisogni educativi speciali, che ci auguriamo venga accolta dal dirigente e approvata dal Collegio Docenti. Se solo alcuni alunni potranno stare nelle aule, ci auspichiamo che gli altri si troveranno per le strade ad insegnare ad i compagni con bisogni educativi speciali come muoversi nel quartiere e perché no, come “stare al mondo”.
Sara
Leggi i precedenti articoli di Vita di un’insegnante di sostegno a distanza:
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