La scuola bloccata, il nuovo saggio di Andrea Gavosto/2. Le proposte

A sostegno della sua analisi Gavosto porta soprattutto i dati quantitativi rilevati dalle indagini comparative internazionali la cui impostazione si ispira, com’è noto, agli studi di alcuni noti economisti dell’istruzione americani, teorici del capitale umano, che hanno largamente influenzato le iniziative dell’Ocse nel campo dell’educazione privilegiando lo strumento del testing sulle cosiddette «competenze di base» (lettura, matematica, scienze) e un’ottica accentuatamente statistico-quantitativa nella lettura dei risultati. La stessa ottica con la quale gli economisti misurano i dati relativi alla produzione di beni e servizi e alla distribuzione del reddito, e che consentono loro di correlare i risultati dei sistemi di istruzione con quelli del PIL, e di affermare con sicurezza (contestata però da economisti come Amartya Sen e da altri autorevoli studiosi nel campo delle scienze sociali e umane) che l’investimento in capitale umano condiziona in modo decisivo il successo economico e il benessere delle nazioni, oltre che quello degli individui.

Gavosto si schiera apertamente sulle posizioni degli economisti dell’istruzione di scuola «quantitativa» perché, come afferma nella Premessa del volume, «siamo convinti che oggi nessuna politica pubblica possa essere attuata senza un robusto sostegno di dati quantitativi». Un’opinione condivisa da Tuttoscuola che di tale tipo di dati si è largamente avvalsa per la produzione di lavori come il primo Rapporto sulla qualità della scuola italiana (2007 e 2011) e l’indagine La scuola colabrodo (2018), ma costantemente affiancandola con analisi e valutazioni di carattere politico, pedagogico e sociale in una lettura multidisciplinare della storia e dei problemi della scuola.

Intenzionalmente più settoriale è invece lo sguardo di Gavosto, il cui libro, spiega, fa «costantemente riferimento agli esiti di indagini statistiche e ai risultati di ricerche empiriche svolte da economisti (come chi scrive), psicologi e sociologi», mentre «saranno invece pochi i richiami alla letteratura pedagogica» anche se, «in passato, i pedagogisti hanno fornito grandi intuizioni sui processi di apprendimento». Forse pensava a John Dewey e ad Aldo Visalberghi (peraltro non citato), che è stato il più convinto promotore italiano della valutazione di sistema attraverso prove oggettive e, anche come presidente del CEDE (Centro Europeo dell’Educazione), della partecipazione italiana alle indagini comparative internazionali.

Ma Visalberghi ha anche fatto una distinzione accurata tra misurazione e valutazione, nella quale intervengono fattori e valori non quantificabili, e quindi non rilevabili in un’ottica che privilegia la misurazione. E infatti tra le proposte avanzate da Gavosto relative alla riforma degli ordinamenti non compare quella della personalizzazione dei curricoli, che valorizzerebbe la libertà e la responsabilità individuale nella costruzione dei percorsi formativi ma poco si presterebbe ad operazioni di misurazione di massa tramite test, che resterebbero limitate a poche competenze di base ma poco potrebbero dire per quanto riguarda la qualità della formazione delle persone.

Importanti e condivisibili – come i nostri lettori sanno – sono invece le considerazioni relative alla formazione iniziale dei docenti, soprattutto di scuola secondaria, e alla loro carriera, da legare alla progressiva assunzione di responsabilità (middle management), e non all’assegnazione di premi economici; un reclutamento che consenta alle scuole di scegliere i docenti con le competenze necessarie; l’estensione del tempo pieno anche nella scuola media (all’interno – aggiungiamo – di un ridisegno complessivo della sua organizzazione e delle metodologie didattiche applicate, per non ricadere negli scarsi risultati del tempo prolungato); una formazione in servizio che incentivi lo sviluppo professionale. 

Molte di queste proposte non sono nuove, ma sono rimaste sulla carta. Per prendere forza devono essere sostenute, sostiene Gavosto, dalla «adesione alle riforme dei genitori e dell’opinione pubblica in generale», da sollecitare attraverso la massima trasparenza di ciò che accade dentro la scuola ma anche finalizzando all’innovazione le risorse del Next Generation EU e del PNRR, nell’auspicata prospettiva di una maggiore convergenza dei sistemi scolastici europei. Come ha spiegato lo stesso autore alla presentazione del libro, avvenuta il 3 maggio nel palazzotto signorile sede della Laterza nel quartiere Parioli di Roma con interventi del ministro dell’istruzione Bianchi, del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e della dirigente scolastica Paola Cardarelli e la sapiente moderazione di Lia Di Trapani editor Laterza, davanti a un pubblico che raccoglieva una buona fetta dell’intellighenzia in materia di politica scolastica, il senso del titolo del volume – la scuola “bloccata” – vuole intendere che c’è un grande potenziale per rilanciarla, se si riusciranno a rimuovere alcuni “blocchi”.

Insomma Andrea Gavosto, con la sua scrittura fluida ed efficace (Visco, già “capo” di un giovane Gavosto all’Ufficio Studi di Bankitalia, ne ha rivendicato il merito), con i dati puntuali e le analisi competenti, ci regala un bel libro tutto da leggere e sul quale riflettere per costruire una scuola migliore.

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