Invalsi e valutazione, la svolta che non c’è stata

Valutazione in discussione 2

Non è la prima volta che Andrea Ichino si occupa dei test Invalsi, e più in generale dei benefici che deriverebbero per la scuola italiana dalla valutazione sistematica delle prestazioni degli studenti effettuata tramite prove standardizzate.

Quando alla fine del 2013 si pose il problema di sostituire il dimissionario Paolo Sestito, economista tornato alla Banca d’Italia, alla presidenza dell’Invalsi, la scelta dell’allora ministro Carrozza di nominare un comitato di cinque (poi quattro) esperti che selezionasse le candidature alla successione di Sestito fu apertamente contestata da Ichino in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera (6 dicembre 2013) nel quale egli esprimeva l’opinione che tale scelta nascondesse l’intenzione del governo di “cambiare  completamente strada riguardo all’Invalsi e ai test standardizzati” sostituendoli con “altre forme di valutazione delle scuole sulle quali fino ad ora si sono sentite solo idee molto vaghe e confuse”.

Il comitato era composto dal linguista Tullio De Mauro, che lo presiedeva, e da Benedetto Vertecchi, pedagogista ed ex presidente Invalsi, Clotilde Pontecorvo, professore di psicologia dell’educazione, Cristina Lavinio, professore di Didattica delle Lingue moderne, Giorgio Israel, professore di storia della matematica. Nessun economista, insomma, dopo anni in cui, con la gestione Sestito (e quella del suo predecessore Piero Cipollone, anch’egli economista di scuola Bankitalia), l’Invalsi aveva progressivamente adottato l’ottica e il quadro concettuale degli economisti dell’istruzione, soprattutto americani, assai influenti in sede Ocse, sostenitori del legame diretto tra sviluppo delle competenze di base e sviluppo economico, entrambi indagabili con strumenti e metodi di carattere statistico-quantitativo.

Il timore di Ichino si è poi rivelato in buona misura infondato, perché l’avvento alla presidenza dell’Invalsi di Anna Maria Ajello, psicologa dell’educazione, non ha comportato l’abbandono dell’approccio statistico-quantitativo nella valutazione degli apprendimenti tramite test, caso mai la sua integrazione con altre metodologie e strumenti, dall’autovalutazione di istituto alla valutazione esterna.