L’umanità di Tullio De Mauro, ricordo di un amico

Vorrei rendere omaggio all’insigne studioso e all’amico Tullio De Mauro che ci ha lasciati riproponendo ai lettori parte di un articolo da me pubblicato su Tuttoscuola nell’aprile 2001 (rubrica ‘Periscopio’), a lui dedicato, e che mi sembra illustrare bene un aspetto della sua personalità, la sua acuta sensibilità, il suo tratto umano. L’accenno alle “lacrime napoletane” che si trova nella parte finale dell’articolo fa riferimento a un momento di commozione che colse l’allora ministro De Mauro in occasione di un convegno svoltosi a Napoli in un clima di accesa contestazione della riforma Berlinguer (legge n. 30/2000) da parte di alcuni insegnanti presenti nella sala del Castel dell’Ovo.

La solitudine di De Mauro
Conosco il ministro De Mauro da molto tempo
, e in qualche caso ho avuto la possibilità di scambiare qualche idea con lui. Ricordo che in una di queste occasioni, all’inizio degli anni ottanta, mentre un sole canicolare si accaniva su una affollata festa dell’Unità, De Mauro in giacca e cravatta (era l’unico) cercava di spiegare a me e ai molti insegnanti presenti a una tavola rotonda che lui, sì, era d’accordo con alcuni aspetti della riforma della scuola secondaria di cui in quel momento si discuteva (il ministro era Franca Falcucci), ma che il vero problema era quello di coinvolgere gli insegnanti, di far svolgere ad essi un ruolo attivo, propositivo, di dare spazio alle loro sperimentazioni, alla loro voglia di cambiare, che aveva radici antiche. Egli era convinto del fatto che qualunque riforma veramente efficace non poteva calare dall’alto, ma doveva al contrario incrociare le tendenze al mutamento interpretate dalla parte più dinamica e innovativa degli insegnanti.

Non credo che abbia mai cambiato idea. Anche in seno alla commissione Brocca, in cui ha operato attivamente, ho sentito più volte Tullio De Mauro insistere sull’importanza di un approccio sperimentale e partecipato all’innovazione. Questa linea, seguita con coerenza, lo ha reso popolare tra gli insegnanti. Molti di essi, a partire dal quelli iscritti al CIDI, hanno accolto con favore la sua nomina a ministro, cogliendo nei suoi modi controllati e riflessivi una alternativa, sul piano dello stile di governo, al nuovismo arrembante e decisionista di Berlinguer. Il quale però non gli ha consentito di tradurre sul piano politico quello che è stato un netto e visibile cambiamento di atteggiamenti e di filosofia dell’innovazione: Berlinguer è perfino giunto a rimproverare “affettuosamente” a De Mauro di non essere abbastanza “vaccinato allo stress politico”, in altre parole di essere troppo ragionevole e aperto al confronto.

Lo si è visto bene quando De Mauro non ha escluso a priori di rinviare al 1° settembre 2002 l’attuazione dei nuovi cicli anche per la scuola di base, come chiedeva la Casa delle Libertà: un’ipotesi che avrebbe favorito la ricerca di punti di convergenza con l’opposizione su una materia di rilevante interesse nazionale, come i programmi della nuova scuola, che sembrava opportuno cercare di sottrarre a polemiche strumentali. Ebbene: il più aspro critico di ogni ipotesi di rinvio è stato proprio Berlinguer, che ha bruciato in Parlamento, con un duro intervento di chiusura, ogni possibilità di avviare qualsiasi dialogo con l’opposizione.

Così De Mauro si è trovato al centro di spinte contrapposte, rimproverato da una parte di non difendere a scatola chiusa il ‘pacchetto’ delle riforme berlingueriane, e dall’altra di non aver dato sufficiente spazio alle iniziative e alle proposte che venivano ‘dal basso’, dai più impegnati esponenti della sinistra pedagogica militante, i suoi interlocutori privilegiati di sempre. Forse è per questo che il prof. De Mauro si è sentito soverchiato dagli eventi, incapace di effettuare la sintesi tra il ‘giacobinismo’ di Berlinguer e il movimentismo dei ‘maestri di strada’, tra politica e pedagogia. Si è sentito solo.

Quelle lacrime ‘napoletane’ nelle quali si è infine sciolta la tensione accumulata in mesi di pressioni esterne e di rovelli interni, hanno rivelato, accanto alla fragilità del politico, la sensibilità di un uomo di buona volontà al quale non è stato probabilmente consentito di agire in piena libertà. Così alla pur evidente discontinuità personale che ha segnato il passaggio da Berlinguer a De Mauro, non ha corrisposto una altrettanto evidente discontinuità politica. Forse si è persa un’occasione per collocare la scuola in quell’area di tematiche di rilevanza nazionale che meriterebbero una considerazione politicamente trasversale, bipartisan.