Valutazione in discussione: che fine fa il test Invalsi?

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Sul Corriere della Sera di sabato scorso, 11 marzo, Andrea Ichino, economista dell’università di Bologna, muove pesanti critiche (anche se le presenta come “perplessità”) al parere espresso dalla Commissione Cultura del Senato sulla bozza di decreto riguardante la riforma degli esami di terza media e maturità.

In questo parere, nella lettura che ne fa Ichino, “la Commissione ha chiesto di eliminare l’esito delle prove Invalsi dall’attestazione finale sia per la terza media sia per la quinta superiore, esito che quindi non sarebbe comunicato nemmeno allo studente. Viene addirittura chiesto di non consentire alle università di avvalersi dei risultati Invalsi, oltre che dei voti scolastici, per decidere chi ammettere ai loro corsi”.

In questo modo, a suo giudizio, si rinuncia a disporre di un giudizio oggettivo che renda possibile e credibile la determinazione e la comparazione del livello di competenze acquisite dai singoli studenti: con un danno per gli studenti stessi, ai quali viene sottratto un utile indicatore di auto-orientamento ai fini della scelta degli studi successivi, e per le università, che non potrebbero avvalersene come criterio (insieme ad altri) per selezionare le domande di iscrizione ai corsi. “Le università sono, purtroppo, piene di studenti che dopo il primo anno si accorgono di aver fatto scelte sbagliate”, scrive Ichino, “Per esempio, studenti che con voti di maturità stratosferici si iscrivono a corsi di ingegneria, fisica e matematica dove non riescono a superare neppure gli esami iniziali”.

Per la verità, si potrebbe obbiettare, nemmeno il testo sul quale la Commissione ha espresso il suo parere prevedeva che l’esito individuale dei test Invalsi potesse essere utilizzato nel senso indicato da Ichino: si limitava a rendere obbligatoria l’attestazione della partecipazione ai test ai fini dell’ammissione agli esami di Stato (terza media e maturità). Anche secondo noi sarebbe stato un errore eliminare questo obbligo, soprattutto per non disincentivare la partecipazione ai test, che è indispensabile per la valutazione di sistema. Ma non riteniamo che sia opportuno indicarne l’esito sotto forma di un “voto” che finirebbe per porsi in alternativa con quello dell’esame di maturità.

Nessuno potrà comunque impedire agli studenti e alle loro famiglie e nemmeno, riteniamo, alle università, di tener conto dell’esito dei test Invalsi, che farà in ogni caso parte del loro curricolo.