Test Invalsi nel curricolo? Flc Cgil: ‘obbrobrio’
In un dettagliato servizio pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 8 marzo, Gianna Fregonara riporta un passaggio del decreto legge n. 19 del 2 marzo, art. 14, con il quale vengono apportate numerose modifiche normative derivanti dagli ultimi aggiustamenti del Pnrr, tra cui una che prevede che “in coerenza con la riforma del sistema di orientamento previsto dal piano nazionale” è necessario che nel curriculum “in una specifica sezione siano indicati, in forma descrittiva, i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove scritte a carattere nazionale distintamente per ciascuna delle discipline oggetto di rilevazione e la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese”.
Di conseguenza anche i risultati dei test Invalsi sostenuti in quinta superiore saranno inseriti nel curriculum dello studente, allegato al diploma di maturità. Accanto alle varie esperienze, anche extracurricolari, fatte durante gli anni delle scuole superiori (“dallo sport alla musica, dal volontariato al Pcto (l’ex alternanza scuola-lavoro”, esemplifica Fregonara), compariranno anche i risultati dei test Invalsi di italiano, matematica e inglese sostenuti obbligatoriamente in quinta. Li potrà vedere la commissione dell’esame di Stato ma anche le università e i datori di lavoro potrebbero chiedere di vederli, dato che il voto di maturità è diventato sempre meno credibile, e oltretutto in stridente contrasto proprio con l’esito dei test Invalsi.
Ora il testo del decreto dovrà essere sottoposto al Parlamento, e se approvata la misura diventerà operativa dalla maturità del 2025. Voterà certamente contro la Sinistra di Fratoianni, che già nel febbraio 2020 aveva ottenuto la cancellazione della norma della Buona Scuola che la prevedeva presentando un apposito emendamento soppressivo nel “Milleproroghe”.
Aspra anche l’opposizione della Flc Cgil, che in un comunicato sostiene che in tal modo “si snatura il ruolo dell’Invalsi” e parla di un “obbrobrio pedagogico e didattico [che] va cancellato in Parlamento”.
A questo invito perentorio, peraltro, si potrebbe obiettare che se è vero che il compito originario dell’Invalsi è quello di fare la valutazione del sistema, e non quella dell’apprendimento individuale, è altrettanto vero che resta il problema di risultati degli studi opachi e inaffidabili, in una società che chiede sempre più trasparenza e certezza delle informazioni e dei dati.
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