USA. Meglio le punizioni corporali della sospensione

In ben 19 dei 51 Stati che fanno parte degli USA la punizione corporale per gli alunni indisciplinati è tuttora prevista, anche se è stata raramente applicata, dopo che una sentenza della Corte Suprema del 1967 aveva stabilito che la materia era di competenza dei singoli Stati, e non dello Stato federale (un po’ come è recentemente accaduto per il diritto all’aborto, la cui regolamentazione la Corte ha fatto rientrare nella sfera di pertinenza degli Stati, modificando un questo caso una precedente sentenza del 1973 che garantiva a livello federale il diritto di interrompere la gravidanza).

Ha fatto scalpore perciò, nei giorni scorsi, la decisione dello Stato del Missouri di consentire a un distretto scolastico (Cassville, 2000 studenti) di ripristinare le punizioni corporali, che erano state abbandonate nel 2001, sia pure nella forma lieve della “bacchettata” (da una a tre), da infliggere all’alunno indisciplinato a scuola su richiesta e con il consenso dei genitori.

La decisione del Board scolastico del Missouri è stata presa, a quanto riporta la stampa locale, anche sulla base di sondaggi d’opinione che avrebbero considerato la punizione corporale preferibile, anche perché più “educativa”, rispetto alla tradizionale misura della sospensione dalle lezioni e dalle altre attività scolastiche.

Ora anche altri Stati del Sud degli USA, quasi tutti a guida repubblicana e a orientamento trumpiano (tra gli altri Alabama, Arizona, Georgia, Louisiana, Florida, Texas), si apprestano a prendere decisioni analoghe, malgrado l’imponente letteratura scientifica che ha mostrato la stretta correlazione tra le punizioni corporali (anche in famiglia) subite dai bambini e la propensione alla violenza e ai comportamenti antisociali degli stessi bambini divenuti adulti.

Ma l’attuale tendenza del dibattito pubblico negli USA offre ampio spazio a leggende populiste come quella della efficacia delle punizioni corporali, del diritto dei singoli cittadini americani a possedere armi, del complotto che si nasconderebbe dietro la diffusione del Covid, e così via. Non è un momento facile per il Paese guida del cosiddetto mondo “occidentale”, i cui principali connotati storico-politici (la società aperta, il modello liberal-democratico, la multietnicità, la libertà della cultura) rischiano di essere snaturati dalla catastrofe della culture cancel, all’origine di quello che Federico Rampini ha chiamato in un suo recente libro “Suicidio occidentale” (Mondadori, 2022).

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