Campagna elettorale/2. Su cosa sono tutti d’accordo? La libertà di scelta educativa

La politica attuale pecca di irrealtà (…), senza prospettare un futuro. Elenca promesse, ma non indica tempi e costi”, scrive Sabino Cassese sul Corriere della sera. Qualche ulteriore esempio tratto dal libro dei sogni sulla scuola? Il tempo pieno per tutti (costo 12 miliardi di euro), l’obbligo per la scuola dell’infanzia (costo 3,5 miliardi all’anno), e così via.

Un esordio di dibattito pubblico sulla riforma dell’istruzione secondaria si era profilato, per la verità, alla fine dello scorso mese di luglio, quando Matteo Salvini aveva pesantemente criticato l’idea (non una vera proposta) formulata da Carlo Calenda in un’intervista di due mesi prima di estendere la “forma liceo” a tutti gli studenti fino a 18 anni. Idea alla quale Salvini contrapponeva, al contrario, il rafforzamento dell’istruzione tecnica e professionale. Dibattito che poi non si è sviluppato, e di cui resta una pallida eco nella proposta del Terzo Polo di rafforzare la formazione generale trasversale nel biennio iniziale delle scuole secondarie superiori facendole terminare a 18 anni.

L’unico tema di riforma sul quale si profila una convergenza trasversale è, a sorpresa, quello della libertà di scelta educativa, che in linea di principio registra l’accordo tra il Centro-destra, il cui programma prevede il “buono scuola” per le famiglie, il PD, che parla di “costo standard di sostenibilità anche per promuovere il pluralismo educativo” e il Terzo Polo Calenda-Renzi che punta sulla “compiuta attuazione della parità scolastica migliorando gli strumenti a disposizione e studiandone altri (buono scuola, rimborsi fiscali, costo standard ecc.)”.

Di vere riforme insomma si parla poco, e del tutto trascurato appare il tema chiave, anche nel dibattito internazionale, della personalizzazione degli itinerari formativi nella prospettiva della compiuta digitalizzazione dei tempi, dei modi e degli strumenti a sostegno dell’apprendimento e dell’insegnamento. Né si parla di una governance meno burocratica e più basata su responsabilità e valutazione dei risultati, o di possibilità da parte delle scuole di scegliere il personale per rispondere agli obiettivi ad esse assegnati, o di come riconfigurare il sistema alla luce del forte calo degli studenti.

Se ne parlerà, forse, dopo le elezioni. Chissà.

Per approfondimenti:

Programmi elettorali sulla scuola a confronto. INFOGRAFICA
Programmi elettorali sulla scuola: un libro dei sogni

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