Si riunirà a breve al Ministero dell’istruzione e del merito il gruppo di lavoro voluto dal ministro Valditara per l’Autorevolezza e il Rispetto, che dovrà “mettere a punto misure per valorizzare l’autorevolezza degli insegnanti, garantire il rispetto dei medesimi, dei compagni e dei beni pubblici da parte degli studenti”, lavorando in particolare sul rilancio dell’alleanza educativa tra scuola, famiglie e studenti.
Valditara ha coinvolto un gruppo eterogeneo di figure interne ed esterne al mondo della scuola, tra cui Marco Campione (consulente del ministro e già al ministero nella segreteria tecnica del ministro Fedeli e capo segreteria del sottosegretario Faraone), Elena Ugolini (rettrice del liceo bolognese Malpighi, già sottosegretario al ministero dell’istruzione nel Governo Monti con il ministro Francesco Profumo), lo psichiatra Raffaele Morelli (volto noto della Tv e direttore dell’Istituto Riza), Simonetta Matone (in passato sostituto procuratore del Tribunale dei minorenni di Roma e oggi in Parlamento per la Lega), il medico Vittorio Lodolo Doria (esperto della patologia del burnout che colpisce in misura preponderante gli insegnanti), docenti universitari (dal diritto alla psicologia) e dirigenti scolastici, insieme a membri dell’Amministrazione scolastica.
Una delle tante commissioni che affollano i corridoi del palazzo di Viale Trastevere o un gruppo di lavoro con un incarico delicato e strategico? La risposta si può probabilmente ricavare da quanto dichiarato da Valditara nell’intervista a Tuttoscuola nel numero di dicembre: “L’emergenza prioritaria è quella che rischia di far saltare l’esistenza stessa di un sistema educativo, ovvero la perdita di quell’autorevolezza e di quel rispetto che in ogni società evoluta e prospera caratterizzano il rapporto fra docente e studenti”.
Non sappiamo su quali orientamenti si muoverà il gruppo di lavoro.
Un messaggio distensivo – a nostro avviso – potrebbe porre l’accento sulla promozione di un’educazione alla cittadinanza consapevole e responsabile, che va coltivata come azione preventiva in senso educativo da parte della scuola.
In questo senso esistono esperienze interessanti che puntano non solo sugli apprendimenti attraverso lo studio, ma anche sullo stimolo a mettere in pratica comportamenti responsabili da parte degli studenti. E questo attraverso proposte pedagogiche coinvolgenti e proattive, incentrate sul protagonismo degli studenti all’interno di una strategia didattica guidata dalla scuola, implementata in collaborazione con altri attori sociali (associazioni di volontariato, centri diurni per persone con disabilità, Vigili del Fuoco, musei, etc etc): possono rappresentare efficaci strumenti di prevenzione e al contempo indirizzare una giusta istanza di responsabilizzazione in una chiave non punitiva ma sempre formativa.
Una ricchezza che esiste e che può essere meritorio incoraggiare e innalzare a pratica diffusa, in primo luogo appunto per favorire la prevenzione tra tutti gli studenti, e poi per raccogliere buone soluzioni per tentare un recupero per i casi conclamati. Con una precisa linea di lavoro: valorizzare e sostenere il lavoro che possono fare le scuole.
Premesso che l’autorevolezza va prima di tutto guadagnata e riconosciuta, potrebbe essere opportuno investire sulla formazione dei docenti, prevedere figure strutturali nell’organico scolastico, ad esempio psicologi ed educatori, incentivare la costruzione di reti e percorsi comunitari, uscire dalla logica del programma per entrare in una dimensione più complessa delle Indicazioni nazionali, che, recitano testualmente: “Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato”.
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