PNRR e istruzione/2: dati pubblici e trasparenti su come stanno andando i progetti

Come stanno andando i progetti realizzati dalle scuole con i fondi del PNRR? Nei giorni scorsi Repubblica ha raccontato uno spaccato in un servizio dal titolo “Droni e visori per studenti under 14, pc inutilizzabili. Le spese fuori controllo per il Pnrr delle scuole italiane”.

Il quadro che emerge è quello sul quale Tuttoscuola aveva messo in allerta appena erano uscite le istruzioni operative. Riprendiamo il piano “Scuola 4.0”. Oltre un anno fa sono partite le relative linee di investimento, prima la 3.2 “Scuola 4.0: scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori”, e solo dopo (ma senza averne evidenza al momento in cui si dovevano acquistare le dotazioni tecnologiche e gli arredi) la formazione con le linee 2.1 “Didattica digitale integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico” e 3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi”. Tutto ciò ha costretto le scuole a predisporre in tempi serrati, spesso improvvisandoli, i progetti di attuazione, essendo vincolate nella destinazione dei fondi. Un esempio per i 2,1 miliardi di Next Generation Classroom e Labs: sei un istituto privo di dotazioni tecnologiche adeguate? Puoi spendere il 60 per cento o più dei fondi per l’acquisto di dotazioni tecnologiche. Sei un istituto che ha già la fortuna di avere tutte le dotazioni allo stato dell’arte? Devi comunque spendere almeno il 60 per cento dei fondi per acquistarne di nuove. Sembra uno spreco? Pazienza, la regola è questa, e se non lo fai rischi il commissariamento. Per la gioia dei produttori di tecnologie e di arredi innovativi, che si sono visti arrivare migliaia di scuole con la fretta di completare gli acquisti richiesti nei tempi indicati, talvolta con idee non troppo chiare su cosa farne. Mentre le tante scuole che avevano idee chiare sulle loro specifiche esigenze hanno dovuto conformarsi alle strette indicazioni ricevute (Progetti PNRR, conto alla rovescia: le scuole saprebbero cosa fare, ma devono seguire ricette imposte dall’alto).

E’ l’infrastruttura stessa che è stata scelta per pianificare e gestire i finanziamenti a lasciare dubbi. Soldi assegnati alle scuole “a loro insaputa” in base ad algoritmi non noti. Soluzioni obbligate per tutti indipendentemente dalle esigenze di ciascuna scuola. Tempistiche strette e sbilanciate: mesi per partorire da parte del Ministero istruzioni operative peraltro in fotocopia rispetto a quelle già emanate, e settimane per le scuole per ideare e presentare i progetti. Regole di rendicontazione molto strette tipo PON (a proposito, quando un rapporto pubblico su come sono stati spesi e quali risultati hanno prodotto i miliardi investiti nel decennio scorso? Se si considera che sono stati investiti quasi tutti al Sud e che il divario in termini di livelli di apprendimento con il resto del paese non sembra certo essersi ridotto, sorgono molti interrogativi). E così via.

A che punto siamo? Sullo stato di avanzamento di questi progetti mancano al momento informazioni dettagliate. Si sa solo, dalle voci provenienti dalle scuole, che ci sono ritardi nella consegna dei dispositivi informatici, e difficoltà sul fronte della formazione degli insegnanti, con presidi preoccupati di non trovare abbastanza docenti disponibili a frequentare i percorsi (con il rischio di dover restituire i fondi). Del resto non aiuta il tetto previsto dal nuovo contratto, entrato in vigore il 19 gennaio 2024: le ore di formazione ulteriori rispetto alle 40+40 destinate ad attività funzionali all’insegnamento devono essere remunerate a parte. Nessuno aveva incrociato i carichi di formazione previsti dal PNRR (che prevede un tasso orario contenuto – e quindi milioni di ore di formazione da erogare – che mal si coniuga con la qualità della formazione, ma questo è un altro discorso, peraltro molto serio) con il tetto di ore di formazione che pone il nuovo contratto? Il mismatch rischia di far crollare un pilastro di spesa e rendicontazione dei progetti di formazione del PNRR. Intanto sembra che qualche produttore suggerisca alle scuole di utilizzare il 40 per cento dei costi indiretti di tali progetti per pagare il noleggio delle attrezzature (forse ulteriori rispetto a quelle già pagate dalle scuole con i precedenti progetti sugli ambienti di apprendimento).

Che fare? La prima cosa, a questo punto, sarebbe che il Ministero intanto acquisisse e rendesse pubblici dati certi e affidabili, e che lo facesse subito, senza rinviarli con il solito pretesto della loro non completezza al cento per cento. In secondo luogo, dovrebbe aiutare le scuole in difficoltà sul versante della formazione dei docenti anche attraverso la valorizzazione di tante valide esperienze esistenti nel panorama scolastico italiano. Il tutto, però, dovrebbe essere accompagnato da un’idea guida forte che caratterizzi questa fase della politica scolastica: potrebbe essere quella della personalizzazione e del sostegno, sempre e comunque, alla realizzazione delle potenzialità formative individuali, la via maestra per tagliare alla radice le cause del fallimento scolastico e della dispersione. Lasciando alle scuole la possibilità di declinarla secondo le proprie caratteristiche ed esigenze, non imponendo azioni prescrittive uguali per tutti. Che nascondono un’altra impostazione: il “purché si spenda”, rispettando i tempi e le procedure imposti, con le scuole che diventano centrali di acquisto obbligate. Indipendentemente dai benefici reali per gli studenti, sperando che si concretizzino. Ma mentre i benefici per loro sono incerti, quel che è certo è che saranno loro a pagare il conto quando il fiume di denaro dovrà essere rimborsato. 

Per approfondimenti:

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