Classi separate per alunni con disabilità/1. Un’affermazione che ricorda il ritorno alla purezza della razza

Era il marzo di oltre mezzo secolo fa, quando la legge 118/1971, dopo avere individuato come invalidi civili “i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età”, eliminava per la prima volta la ghettizzazione degli alunni con disabilità, disponendo (articoli 28 e 29) che “L’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali”.

Era l’inizio di una vera e propria rivoluzione culturale e sociale che trovava il suo primo compimento con la legge 517/1977 (voluta dal ministro Malfatti), che all’art. 2 affermava: “Ferma restando l’unità di ciascuna classe, al fine di agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della stessa classe oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni.
Nell’ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicaps con la prestazione di insegnanti specializzati”.

Quella scelta di civiltà assicurava piena dignità e uguaglianza a migliaia di ragazzi.

La legge quadro 104/1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate – prima legge del genere in ambito internazionale – rendeva strutturale e definitiva l’uguaglianza dell’istruzione e formazione degli alunni con disabilità.

Molti Paesi, sull’esempio dell’Italia, hanno introdotto sostanziali modifiche per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, andando gradualmente al superamento della loro separazione dagli alunni cosiddetti normodotati.

Ora, in una specie di ritorno alla purezza della razza, il candidato leghista Vannacci ripropone classi separate per alunni con disabilità. Cosa ha detto il Generale che si è messo in politica nell’intervista a La Stampa? “Credo che delle classi con ‘caratteristiche separate’ aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo, e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare”, “Non è discriminatorio. Per gli studenti con delle problematiche mi affido agli specialisti. Non sono specializzato in disabilità. Un disabile, però, non lo metterei di certo a correre con uno che fa il record dei cento metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico”.

“Queste affermazioni ci riportano ai periodi più bui della nostra storia”, ha commentato il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Francesco Savino, mentre il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara (leghista) ha ricordato gli interventi messi in campo sul fronte della disabilità, cercando di segnare la distanza da quelle dichiarazioni, che, comunque, hanno provocato critiche bipartisan.

Il risultato alle prossime elezioni del candidato Vannacci darà anche la misura di quanta condivisione vi possa essere per le sue affermazioni.

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