Inclusione scolastica: perché ha ancora senso parlarne

Ha ancora senso parlare di inclusione scolastica oggi? A più di quarant’anni dalla legge 517 del 1977, che di fatto ha spalancato le porte e ha suggerito le condizioni per un’accoglienza reale degli alunni con disabilità nella scuola italiana, la situazione appare drammatica.

Tanti, troppi studenti con disabilità nei prossimi giorni continueranno a sperimentare sulla loro pelle le innumerevoli falle di un sistema che sembra non funzionare più e, insieme a loro sono coinvolti genitori e famigliari. Una piaga sociale di cui si parla ancora troppo poco.

In alcuni casi le scuole, all’inizio dell’anno scolastico, chiedono alle famiglie di far uscire prima gli alunni “scoperti” (senza cioè un insegnante di sostegno), in altri si arriva al punto di suggerire di non mandarli proprio a scuola. Questa brutta abitudine, purtroppo ancora diffusa da Nord a Sud, è frutto della logica della delega che vede l’insegnante di sostegno come unico responsabile dell’alunno con disabilità e porta la scuola a non sentirsi coinvolta dell’accoglienza degli alunni più fragili.

Risultato di questa situazione è un diritto negato, quello all’istruzione, per migliaia di studenti, con pesanti ricadute su tutto il sistema scuola. Sembra essere un eterna tela di Penelope: ogni inizio anno si distrugge quel che di buono e utile si è fatto in precedenza: relazioni, rapporti, progressi nella didattica, tutto viene sacrificato all’altare della burocrazia, delle graduatorie, degli “aventi diritto”. Il diritto di tutti, tranne che degli alunni con disabilità.

Incontriamo Nicola Tagliani dell’ufficio scuola dell’Associazione Italiana Persone Down e Salvatore Nocera, esperto di fama nazionale sul tema dell’inclusione. La situazione, ci dice Nocera, è drammatica, assistiamo a un’emorragia senza precedenti. Gli aspetti di maggiore fragilità sono essenzialmente tre: il ritardo nelle nomine degli insegnanti di sostegno, l’estrema instabilità nell’individuare le figure educative (i cosiddetti AEC) e il ritardo nell’individuare i servizi per il trasporto per gli alunni con disabilità.

Guarda il video dell’intervista a Nicola Tagliani

Abbiamo una grandissima discontinuità, nel senso che mancano gli insegnanti allo scorso anno che sono andate in alle zone; in alcuni casi arrivano insegnanti, che spesso non sono specializzati, perché è terminata la disponibilità degli specializzati: abbiamo una situazione penosa, per non parlare dell’assistenza per l’autonomia e del trasporto che in alcuni regioni, come in Sicilia, sono totalmente inesistenti”. La situazione descritta da Nocera è chiara: sembra proprio che spazio per gli alunni con disabilità, nella scuola di oggi, non ce ne sia.

Che fare? Alcune famiglie stanno pensando di tornare alla scuola speciale, ci dice Tagliani, che poi aggiunge: non può però questa essere la soluzione. La scuola deve organizzarsi per tempo per evitare che gli alunni con disabilità siano impediti a partecipare alle normali attività didattiche.

Ha ancora senso parlare di inclusione oggi? A nostro avviso sì e, a maggior ragione, diventa un dovere civico e morale quello di denunciare ogni impedimento che allontana dalla aule scolastiche  proprio gli alunni che ne avrebbero maggior bisogno. Oggi come ieri, è triste ammetterlo, sembra che la scuola assomigli, per dirla con le parole di Don Milani, ancora a un ospedale che respinge i malati e cura i sani.

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