Elezioni/2. Le proposte dei partiti tra propaganda e populismo

Non sarà un caso il fatto che 9 insegnanti su 10 non credano alla promessa dei partiti, praticamente tutti, di aumentare in modo significativo i loro stipendi. Eppure il fatto che gli stipendi dei docenti italiani siano nettamente inferiori a quelli di quasi tutti gli altri Paesi della Unione Europea (oltre ad essere ancorati alla sola anzianità di servizio) è riconosciuto da tutti, perfino dalla Fondazione Agnelli, che pure nella sua ultima indagine di pochi giorni fa sostiene, in controtendenza con una diffusa convinzione, che la spesa pubblica italiana per la scuola (non per l’Università) – come percentuale del PIL – è allineata alla media europea e molto simile a quella di paesi come Germania e Spagna. “Forse in Italia per la scuola più che spendere poco semmai si è speso male, alla luce dei risultati di apprendimento insoddisfacenti, nelle scuole secondarie nettamente inferiori della media europea, e con enormi divari territoriali e sociali”, è l’opinione di Andrea Gavosto, direttore della FGA.

L’obiettivo di retribuire meglio gli insegnanti, con formule diverse, si trova nei programmi di tutti i partiti, come mostrano le analisi comparative di Tuttoscuola (che le ha presentate per prima, sin dal 19 agosto) e anche quelle di Valigia blu e della casa editrice Erickson.

Se dunque, come ha scritto Fiorella Farinelli su Education 2.0 citando Tuttoscuola, “l’impressione è che a prevalere sia l’intenzione di spremere dal gran calderone dello scontento scolastico il massimo possibile di consensi” (l’ex sindacalista giunge a parlare di “curvature populiste”) –  c’è tuttavia da ritenere che tra tutte le questioni quella dello stipendio (e, per noi, anche della carriera) degli insegnanti sarà centrale per qualunque governo futuro, pena il rifiuto della prospettiva di insegnare nella scuola secondaria da parte dei giovani laureati, già in atto per alcune classi di concorso soprattutto dell’area tecnico-scientifica. Un fenomeno, peraltro, in corso anche in altri Paesi, in primis gli USA, e che si intreccia con la necessità di rivedere a fondo i curricula scolastici e le modalità didattiche alla luce della rivoluzione digitale.

Questioni, a partire da quella della scuola digitale, di cui ben poco si è parlato nella campagna elettorale in corso, come nota anche il sociologo dell’educazione Luciano Benadusi, direttore del trimestrale Scuola democratica, nella sua approfondita analisi comparativa delle proposte dei partiti che compare sul n. 13 (2022) della rivista Rassegna della Fondazione ASTRID. Analisi che facendo ampio riferimento ai dati forniti da Tuttoscuola sui costi delle varie proposte, si conclude con il seguente interrogativo: “A quali condizioni dunque le proposte dei partiti potranno essere considerate sostenibili? Due condizioni: che si stabilisca una scala di priorità fra di esse e che vi sia un poderoso innalzamento della quota dei bilanci pubblici dedicata all’istruzione. Condizione quest’ultima che purtroppo sembra assai difficile da concretizzare. In assenza di ciò i partiti ci avrebbero consegnato ancora una volta un libro dei sogni”. Proprio come ha detto Tuttoscuola.

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