Scuola e politica/2. Il digitale avanza, ma nella scuola è trascurato dai partiti

Scuola, politica… Digitale. Un editoriale del suo direttore, Alessandro Longo, apre il dossier che l’ultimo numero del sito Agendadigitale.eu ha dedicato all’analisi delle proposte elettorali dei partiti in materia di digitalizzazione. “Il digitale è finalmente centrale nei programmi di tutti i partiti”, scrive Longo, anche se con differenze nelle modalità attuative e nei diversi accenti. Ma c’è una cosa che li accomuna: la totale assenza dell’espressione ‘scuola digitale’ nei programmi elettorali delle principali coalizioni, come evidenzia e lamenta Mirta Michilli, direttore generale della Fondazione Mondo Digitale, nel suo contributo al dossier.

Così se Longo riconosce che “tutti i partiti, a quanto dichiarano, lasciano un posto di rilievo per la trasformazione digitale” e concordano sulle cose “fondamentali” da fare – la nuova rete, la transizione 4.0 delle imprese, la PA digitale”– Michilli sottolinea cheL’espressione ‘scuola digitale’ è totalmente assente dai programmi elettorali delle principali coalizioni, che ignorano come le nuove tecnologie a scuola siano un potente acceleratore sociale per combattere ogni forma di disuguaglianza”.

Ne ha fornito un esempio concreto il direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra, intervenendo, insieme a rappresentanti dei sindacati, associazioni professionali ed esperti all’evento “Credo nella scuola” organizzato a Firenze dalla Lega il 12 settembre scorso. Ha parlato del progetto di trasformazione digitale in corso ad Ancona, presso l’Istituto Comprensivo statale “Posatora Piano Archi”, una scuola di frontiera (63% di alunni stranieri, provenienti da 38 paesi) in collaborazione con un’altra scuola statale, l’IC Ungaretti di Melzo, vicino Milano, che è una scuola di eccellenza che ha fatto un percorso di crescita straordinario.  Un progetto che dimostra che “serve una didattica laboratoriale in grado prima di tutto di coinvolgere l’alunno e poi di stimolarne la creatività e il pensiero critico. E’ questa la chiave, il punto di partenza per non perdere il contatto con gli studenti a rischio. Bisogna passare da un insegnamento (solo) trasmissivo a un apprendimento coinvolgente. Utile per tutti ma particolarmente adatto agli alunni più fragili”, ha concluso il direttore di Tuttoscuola tra gli applausi. Non a caso l’assessore all’istruzione della Regione Marche Giorgia Latini ha dichiarato nell’occasione l’intenzione di estendere il progetto ad altre scuole marchigiane.

Eppure, osserva Michilli, il tema del digitale era stato centrale nel dibattito politico e sociale per tutto il tempo della pandemia, nel passaggio dalla didattica a distanza (DAD) alla didattica digitale integrata (DDI), e nel PNSD (Piano nazionale scuola digitale) si spiegava che “La ‘scuola digitale’ non è un’altra scuola. È, più concretamente, la sfida dell’innovazione della scuola”. Di fatto, però, nei programmi dei partiti “manca ogni riferimento non solo alla scuola digitale, ma anche ai principali temi di riferimento (sfide della formazione personalizzata, nuovi ambienti di apprendimento, competenze digitali e trasversali ecc.)”.

Tutto ciò è preoccupante per una serie di ragioni che anche noi di Tuttoscuola abbiamo individuato e condiviso, e che sono anche alla base del nostro progetto La scuola che sogniamo:

Solo la didattica digitale integrata (DDI) e personalizzata consente di rispondere ai bisogni e alle esigenze di ciascun alunno, proponendo una didattica su misura, in grado di valorizzare le attitudini e i talenti di ognuno. Una scuola che guardi al futuro non può che riconoscere e potenziare la multiformità delle intelligenze, una prospettiva nella quale la diversità viene valorizzata in modo tale che nessuno resti indietro e nessuno si senta fuori posto.

– La DDI, a differenza della Didattica a Distanza, integra la Didattica in presenza, e non la sostituisce.

– L’uso delle tecnologie, che è alla base della DDI, facilita l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali da parte di tutti i discenti, a partire da quelli con bisogni educativi speciali.

– Gli ambienti di apprendimento digitali valorizzano la dimensione esperienziale, immersiva e costruttiva dell’apprendimento, a livello sia individuale sia cooperativo.

– È necessaria una preparazione specifica di tutti i docenti, da realizzare con metodologie appropriate, tra le quali la ricerca-azione. Vanno inoltre valorizzate, come suggerisce Michilli, “le risorse didattiche aperte, create dai docenti, dagli studenti, dai gruppi di lavoro, perché possono essere liberamente fruite e condivise, in modo da mettere a sistema in tempi ragionevoli le migliori esperienze di innovazione incrementale”.

Ma di tutto questo non si sta parlando, salvo lodevoli eccezioni individuali, in questa campagna elettorale di corto respiro.

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