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Vita di un’insegnante di sostegno: i colloqui con i genitori e quel nome senza cognome

#colloqui #genitori

Caro diario,

i colloqui per gli insegnanti di sostegno sono una bella frustrazione. Fuori l’aula, sul foglio di prenotazione, in corrispondenza del mio nome non c’è un cognome. Ma se me ne vado a casa? La collega di italiano gentilissima, collaborativa, brillante lo sa quello che mi passa per la testa. “Sara?! Vieni qui vicino a me, tu in classe ci sei 18 ore, chi meglio di te conosce i ragazzi?”.

Già, chi meglio di me sa ad esempio che Edoardo nelle ore di educazione fisica si chiude a riccio e in quelle di inglese è un leader? Chi meglio di me sa che Martina durante le ore di matematica e scienze è di un’arroganza spaventosa, mentre è mite e affabile durante quelle di italiano, storia e geografia? Chi meglio di me sa che Giulia trema quando entra la collega di francese e teme sua madre? “Professoressa, e non ho tutti 6 mia madre mi spella!”.

Fuori l’aula, sul foglio di prenotazione, in corrispondenza del mio nome non c’è un cognome ed è un peccato. Io ai genitori non posso spiegare perché i loro figli hanno un’insufficienza o il massimo dei voti, ma posso raccontare loro cosa provano per quell’insufficienza o per il massimo dei voti perché l’insegnante di sostegno ai loro occhi è quella che non li giudica, è quella con cui aprirsi, confidarsi, lasciarsi andare, a volte è quello con cui si può essere se stessi.

ara

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