Populismo e dintorni: perché è un pericolo per la scuola
Populismo e dintorni/1
È stato osservato – e Tuttoscuola lo ha fatto tra i primi ( https://www.tuttoscuola.com/ma-la-scuola-conta-per-conte/) – che nelle 24 pagine del pur articolato discorso di presentazione del programma del governo pronunciato da Giuseppe Conte in Senato lo scorso 5 giugno 2018 ben poco spazio sia stato riservato ai problemi dell’educazione, tanto che la parola ‘scuola’ non vi compare mai (compare la parola ‘scuole’, ma come sinonimo di ‘università’, come si evince dal contesto: ma anche di università si parla poco: due volte in un’unica riga). Forse un record nella storia dei discorsi programmatici tenuti dai Presidente del Consiglio in età repubblicana.
Il premier Conte si è invece a lungo intrattenuto sul concetto di ‘populismo’, quasi rivendicandolo come un merito e una caratteristica sostanziale dell’identità politica della maggioranza M5S-Lega che ha consentito il varo del governo da lui presieduto. Ecco le sue parole: “Se ‘populismo’ è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente – prendo spunto da riflessioni di Dostoevskij tratte dalle pagine di «Puškin»–, se ‘anti-sistema’ significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”.
Sulla incauta citazione di Dostoevskij torniamo nella notizia successiva, mentre sui rischi di una meccanica applicazione dell’approccio populista – soprattutto nell’accezione data da Conte (“ascoltare i bisogni della gente”) – ai problemi della politica scolastica consiglieremmo la massima cautela. La ‘gente’ potrebbe apprezzare, per esempio, l’installazione di telecamere in tutte le scuole, la costituzione di classi separate per gli immigrati, percorsi formativi ad hoc per gli alunni con disabilità. E un giorno, di questo passo, in molti potrebbero forse chiedere che l’aggressione a un docente non sia considerata un reato…
D’altra parte è noto che la ‘gente’, magari condizionata dai mass media e (forse soprattutto) dai social(sempre più usati anche dai politici come strumenti di disintermediazione verso il “popolo”), potrebbe essere favorevole al ripristino in caso di delitti particolarmente efferati della pena di morte (ormai abolita in tutta Europa, salvo che in Bielorussia; Aldo Moro la definiva nelle sue lezioni universitarie “una vergogna inimmaginabile in un regime di democrazia”).
Per fortuna in Italia abbiamo una Costituzione che costituisce un argine insormontabile all’irruzione di pulsioni populiste nella società e nella scuola. Attenzione, però. In questi giorni si è anche sentito dire, da parte di esponenti della nuova maggioranza di governo, “Lo Stato siamo noi”, come se le istituzioni (le pubbliche amministrazioni, la magistratura, la scuola, le stesse regole di convivenza) non fossero di tutti, come invece sosteneva Calamandrei in polemica con la visione fascista dello Stato dei fasci e delle corporazioni: uno strafalcione populista, dovuto – speriamo – all’euforia del momento.
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