Quel 20% di giovani sprecati

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Se c’è stato un punto di forte convergenza tra i relatori del convegno di TreeLLLe “Il coraggio di ripensare la scuola”, compreso il francese Thélot, è stato quello di considerare prioritario l’obiettivo di superare il carattere selettivo della scuola tradizionale per puntare sulla piena valorizzazione formativa, senza scarti, di tutta la popolazione giovanile dai 3 ai 18 anni. In Francia lo stanno già facendo, almeno per quanto riguarda l’obbligo a tre anni, in Italia è la proposta centrale, quella più dirompente, avanzata da Treellle nel suo Quaderno n. 15: “operare per il successo formativo di tutti e di ciascuno nella vita attiva”, intendendo per successo formativo “il massimo sviluppo del potenziale di ogni singolo studente nel contesto dato e quindi con punti di arrivo che saranno legittimamente diversi per ognuno.

È una proposta che Tuttoscuola condivide, come ha spiegato il direttore della nostra rivista, Giovanni Vinciguerra, nell’intervento pronunciato in occasione della tavola rotonda che ha concluso il convegno. Gli sviluppi a velocità iperbolica delle nuove tecnologie, le scoperte delle neuroscienze, della biochimica e dell’intelligenza artificiale, internet, sono infatti tutti fattori che spingono in direzione di percorsi formativi il più possibile personalizzati e nello stesso tempo verso una dimensione sociale, cooperativa e co-costruttiva, della conoscenza. La personalizzazione degli itinerari formativi individuali e il superamento della rigidità degli standard di apprendimento comporterebbero l’eliminazione dell’idea stessa di fallimento scolastico, di bocciatura, e quindi il recupero di quel 20% di giovani (anche la Francia ha un problema analogo) che oggi va sprecato, con rilevanti costi economici e sociali.

Nel dossier “la scuola colabrodo” di Tuttoscuola (settembre 2018, scaricabile gratuitamente qui:  https://www.tuttoscuola.com/prodotto/la-scuola-colabrodo/ ) si legge: “La bocciatura andrebbe riservata a chi si rifiuta di impegnarsi nello studio a prescindere dai talenti, a chi non rispetta la disciplina, insomma a chi può essere veramente “utile” come lezione. Infliggerla a chi fa comunque il proprio meglio, poco o tanto che sia, può servire solo a stroncarne le potenzialità latenti. Anche così si spiegano gli oltre due milioni di neet, che non ci possiamo più permettere. Il confine tra scartare ciò che non è ‘a norma’ e ricavare il massimo possibile – che è un principio di saggezza – può essere molto sottile, l’uno si adatta meglio alle cose, l’altro alle persone. E qui stiamo parlando dei nostri ragazzi”.

Per realizzare questo obiettivo sarebbe però necessario affrontare e risolvere le criticità legate alla transizione da un modello di scuola statico, ripetitivo e gerarchizzato, come è stato storicamente il sistema scolastico italiano nella generalità dei casi, ad uno dinamico, innovativo e di effettiva “pari dignità” di tutti i suoi percorsi come quello proposto da Treellle e da Tuttoscuola. Servirebbe – ha sottolineato Vinciguerra nel concludere l’incontro – un “Piano strategico per la scuola”, come l’Italia non ha mai avuto, che si dispieghi su un orizzonte di 15-20 anni.

Non è tanto un problema di risorse, che potrebbero in parte affluire alla scuola anche rifinalizzando i risparmi che deriveranno nei prossimi anni dal forte decremento demografico (meno alunni, meno classi, meno insegnanti) e dal riallineamento del rapporto docenti/alunni sugli standard medi europei, quanto di consapevolezza e di lucida determinazione da parte della classe dirigente e politica del nostro Paese.