Tempo pieno: il governo del cambiamento non cambia (per ora)
“Ho chiesto al presidente del Consiglio Conte e al ministro dell’Economia Tria che nella legge di bilancio vengano trovate le risorse per il rafforzamento dell’organico dei docenti, in particolare alla scuola dell’infanzia e alle primarie. Attraverso un consistente ampliamento dell’organico che riguarderebbe, in particolare, le regioni meridionali dove è maggiore l’esigenza di potenziamento del tempo pieno, potranno, infatti, crearsi le condizioni per dare soluzione agli effetti negativi prodotti dalla legge 107”. Parole pronunciate dal ministro della PI Marco Bussetti nel question time alla Camera della scorsa settimana, in risposta a una interrogazione riguardante gli organici dei docenti. Spetterà poi agli enti locali fare la loro parte, indispensabile per ampliare il tempo pieno.
In effetti lo stesso ministro, in occasione della sua recente visita in Sicilia, aveva dato per imminente il varo di un piano governativo per rafforzare il tempo pieno nelle regioni del Sud con l’obiettivo di combattere la dispersione scolastica. Ma di questo piano non c’è traccia finora nella Legge di Bilancio 2019, e Bussetti ha dovuto barcamenarsi, sotto gli occhi di quei parlamentari del Movimento 5 Stelle che, come il Presidente della Commissione Cultura alla Camera, Luigi Gallo, avevano assicurato che “il contratto di Governo prevede il recupero dei gap che esistono fra una regione e l’altra”.
Ha fatto eco il vicepremier Luigi Di Maio, intervistato dal Corriere della Sera. Riferendosi al monito europeo sulla manovra, ha dichiarato: “chiaro che con la Commissione Ue è importante avere un dialogo, ma non arretriamo di un millimetro sia per quello che c’è nel testo, sia per quello che ancora non c’è ma verrà aggiunto in Aula e– ha aggiunto – mi riferisco a più soldi per la scuola, alla misura sulle pensioni d’oro e sui tagli all’editoria”. Poi su Facebook ha ulteriormente chiarito le intenzioni: “Nei prossimi due mesi (nell’iter della manovra, ndr) dovremo dare più soldi a scuola, università e ricerca”, “tagliando un po’ le detrazioni e gli sgravi fiscali ai petrolieri. Tagliamo da dove si inquina e mettiamo dove serve, per la formazione dei ragazzi e anche per gli stipendi degli insegnanti”.
Si tratta di impegni precisi, di cui prendiamo nota e di cui daremo conto se si tradurranno in realtà o meno. Il fatto che non fossero inclusi nella manovra inviata alle Camere e alla Commissione europea desta preoccupazione, ma il modo per recuperare c’è.
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