Specializzazione per il sostegno: le università settentrionali snobbano i corsi 

L’annuncio del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, per l’avvio del corso di specializzazione per docenti di sostegno (14.224 posti per l’anno accademico 2018-2019) è stato accolto complessivamente in modo positivo da molti docenti precari, anche perché rappresenta il primo passo di un investimento per il triennio 2018-20 (40 mila posti complessivi) in un settore che evidenzia oggettive carenze formative e prospettive occupazionali.

La distribuzione dei posti ha dovuto tener conto della disponibilità delle università per organizzare i corsi, una disponibilità che la Cisl Scuola ha giudicato molto ‘fredda’ e poco attenta ai bisogni del territorio, soprattutto da parte di atenei del Nord Italia. “Sono anni che alcune università non mettono a disposizione un congruo numero di posti per la partecipazione ai corsi di sostegno: così si depaupera il territorio”, ha detto la leader della Cisl Scuola, Maddalena Gissi. Per la Cisl Scuola i numeri parlano chiaro: sono solo 200 i posti messi a disposizione dall’ateneo di Torino per il Piemonte, 320 in Emilia Romagna, 1.030 in Lombardia; meglio al centro sud: in Basilicata sono 200, in Molise 370, 1825 nel Lazio. 

“Questa è la prova di come l’autonomia è in realtà vittima dell’economia e questa non guarda agli interessi dalla scuola. L’offerta formativa per la scuola non interessa gli atenei: perché fare tanta resistenza all’insegnamento? È una vergogna”, ha sottolineato la Gissi, soffermandosi sui numeri particolarmente bassi dell’offerta in Piemonte e in Emilia, ma anche in Lombardia, data la necessità di insegnanti di sostegno per il territorio. 

A conferma di quanto sostenuto dalla Gissi, i corsi di specializzazione organizzati dalle università settentrionali copriranno soltanto il 20% dei 14.224 posti, mentre sia gli atenei dell’Italia centrale che quelli meridionali organizzeranno ciascuno corsi per un terzo dei posti.