Mobilità 2017 e autonomia: perché non pensare a una scuola autonoma nel reclutamento?

L’accordo sulla mobilità è avvenuto, secondo tradizione, sbaraccando praticamente tutte le innovazioni introdotte dalla Buona scuola. Come interpretare questo accordo ? La nuova ministra, proveniente dall’ambito sindacale, è tornata alla concertazione, che il tandem Renzi-Giannini aveva cercato di mettere ai margini; la legge 107 sta andando in crisi e forse serve allargare il consenso in vista della discussione degli otto decreti applicativi; il rapporto con i docenti deve essere recuperato, visto com’è andato il referendum e il caos delle assegnazioni avvenute per effetto (in parte) dell’algoritmo e definite senza mezzi termini “deportazioni”.

Mobilità straordinaria valida solo per quest’anno, per il prossimo chissà, ci sarà forse un altro ministro, il che comporterebbe un altro notevole spostamento di docenti per facilitare il raggiungimento di sedi più comode, cosa che non garantisce, dato l’affanno organizzativo in cui si trova l’amministrazione, un’apertura puntuale dell’anno scolastico successivo.

Guardando il sistema scuola solo dal punto di vista dei docenti è ovvio che si creino delle disfunzioni, cosa ad esempio per i tempi di assegnazione e per la continuità didattica, e se poi ci mettiamo gli alunni disabili e gli insegnanti di sostegno sappiamo com’è andata e come potrà andare il prossimo autunno.

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Certo per quest’anno forse sarà inevitabile, ma una volta sistemato il precariato, non si potrebbe pensare a un organico di scuola, compreso il potenziamento, veramente autonomo anche nel reclutamento? Gli ambiti non sono quelli della 107, ma quelli indicati dal DPR 233/1998, definiti dalle regioni per la programmazione territoriale del servizio. Le scuole ci sono già: istituti comprensivi del primo ciclo e istituti superiori plurindirizzo nel secondo. L’assunzione, magari con i prossimi contratti di apprendistato, potrebbe avvenire a livello di istituto con procedure di evidenza pubblica. In altri Paesi funziona.

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