Lo strabismo valutativo/1

Il tema della valutazione scolastica non è sempre stato coerente con gli obiettivi formativi che venivano indicati per l’azione didattica, ma in questo periodo assistiamo ad indicazioni politiche che esprimono contraddittorietà ed aggravano il lavoro delle scuole senza offrire un sicuro riferimento all’utenza, sia per ciò che riguarda i processi di maturazione delle personalità giovanili, sia per le performance che si devono presentare al mondo del lavoro.

Recentemente è stato emanato il decreto ministeriale relativo alla certificazione delle competenze ed in Parlamento si parla di attribuire voti numerici ai comportamenti degli studenti e giudizi sintetici nella scuola primaria.

Com’è noto il dibattito sul prevalere dell’una o dell’altra metodologia valutativa viene da lontano ed ha cambiato di frequente, sia la constatazione dei risultati raggiunti, sia la loro comunicazione all’esterno, a partire dalle famiglie.

Un insegnamento che poneva al centro i contenuti ed era basato sul possesso di conoscenze poteva avere un riscontro quantitativo, “sommativo”, che esauriva il percorso di studio e veniva utilizzato come strumento di comparazione tra gli allievi della classe. Una didattica che si fondava sulla diversità della persona che apprende e sull’individualizzazione del processo di apprendimento, aveva bisogno di una valutazione più “formativa”, che doveva segnare il traguardo, ma nello stesso tempo fornire crediti per successivi momenti di formazione.

La ricerca scientifica nel settore fu unanime nell’accreditare una scuola personalista e quindi una valutazione che non poteva fare astrazione dalla qualità della persona e dell’apprendimento stesso. Si giunse così ai giudizi analitici, almeno per il primo ciclo, anche se ben presto una didattica attiva, che coinvolgesse i giovani nella propria esperienza formativa e li ponesse di fronte a compiti di realtà, richiedeva anche per la scuola superiore una valutazione aperta e proiettata verso la formazione continua, richiesta dal mondo del lavoro e dal confronto internazionale tra i sistemi formativi, che portò all’introduzione delle “competenze”.

Si era constatato che una didattica per competenze poteva raggiungere la finalità della personalizzazione e della partecipazione degli allievi al proprio percorso formativo, al raggiungimento non solo di obiettivi conoscitivi, ma anche operativi, all’interno dei contenuti scolastici, ma anche sociali e professionali, ma la valutazione descrittiva veniva tacciata di scarsa comprensibilità soprattutto da parte delle famiglie, abituate a soggiacere ai numeri, e veniva considerata eccessivamente onerosa la compilazione delle schede da parte degli insegnanti.

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