Letture per riflettere. Tamaro: la scuola ha perso l’anima

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Susanna Tamaro, a distanza di 52 anni, utilizza la formula donmilaniana della ‘Lettera a una professoressa’ per formulare una sentenza quasi definitiva – suo avviso – sulla morte della scuola, o almeno della sua anima, che si è persa insieme all’autorità dell’insegnante. Lo fa in un breve, inteso libro di poco più di cento pagine a caratteri grandi, che si legge tutto in un fiato (S.T., Alzare lo sguardo. Il diritto di crescere, il dovere di educare, Solferino, Milano, 2019).

Però la professoressa alla quale è indirizzata la lettera dell’autrice di “Va’ dove ti porta il cuore” è secondo lei un’eccezione, una mosca bianca in un mare di docenti stanchi e demotivati perché così li avrebbe fatti diventare la deriva aziendalista della scuola, che ha trasformato i genitori un tempo rispettosi degli insegnanti in ‘clienti’ esigenti e arroganti, “riuniti in schiere bellicose su WhatsApp”. Un’eccezione perché quella professoressa sa ancora toccare il cuore dei suoi alunni di istituto tecnico, ai quali regala a ogni inizio d’anno una copia delle “Lettere a un giovane poeta” di Rainer Maria Rilke suscitando in loro passioni e non insegnando nozioni: l’esatto contrario di quello che faceva la professoressa di don Milani, algida, selettiva e classista, ma anche l’esatto contrario di quanto fanno oggi quasi tutti gli insegnanti, convinti dal sistema – secondo la autrice – a “lasciar perdere”, e possibilmente a promuovere tutti.

La scuola ha perso l’anima perché ha abdicato (in realtà vi è stata costretta) alla sua missione più autentica: quella di educare, cioè di aiutare i giovani smarriti del nostro tempo (“Ragazzi a cui nessuno ha mai detto di no”) a ridare un senso e un valore a ciò che imparano e a ciò che fanno. È possibile invertire la rotta e imparare a “nuotare come salmoni contro la corrente della crisi economica, dell’arroganza al potere, del disprezzo verso i saperi”?

Forse sì, risponde Tamaro, ma non c’è da sperare che la risposta giusta venga spontaneamente dalla generazione oggi al potere (classi dirigenti, decisori politici, lo stesso corpo insegnante). Forse verrà dai giovani se sapranno far ascoltare la loro voce e la loro domanda di senso: “I tanti ragazzi che hanno cominciato a manifestare per la salvezza della Terra ci parlano proprio di questo. Della necessità di riattivare un dialogo con la realtà che ci circonda, dell’importanza di prendersi cura della casa comune”. 

Solo così sarà possibile ricostruire quel “patto tra le generazioni” che “il relativismo post-moderno ha spezzato”. Ma enormi sono le responsabilità degli adulti, che dovranno rendere conto di quanto avranno fatto o non fatto per rispondere alla domanda dei giovani. Rendere conto a chi? La cattolica Tamaro dice che per chi crede il giudice sarà il Creatore, ma che “più laicamente si può pensare che anche chi ci è vissuto accanto e ci sopravvivrà, prima o poi, darà un giudizio su quello che siamo stati. Che cosa abbiamo coltivato intorno a noi: odio, zizzania, indifferenza, confusione o invece ascolto, cura, dono di sé, compassione?”.

Occorre “alzare lo sguardo”, conclude la scrittrice, sapendo che “solo noi e gli alberi abbiamo il privilegio di crescere verso il cielo”.