La terza ondata rilancia la DaD. Col rischio che i divari aumentino. Le condizioni per evitarlo

La rapida diffusione della variante inglese del Covid-19, assai più contagiosa di quella finora conosciuta in Italia anche tra i giovani, spinge il nostro Paese verso nuove misure restrittive.
 
Il ricorso alla didattica a distanza (DaD) o digitale integrata (DDI) – che non si è mai interrotto in questi mesi – sembra dunque di nuovo inevitabile su ampia scala, e questa volta gli stessi fautori del ritorno in classe e del primato della didattica in presenza (tra i quali i sindacati) si pongono il problema di cosa fare per evitare che il learning loss, la perdita di apprendimento, colpisca le fasce della popolazione scolastica che meno possono avvalersi della DaD, già penalizzate e ben individuate da molte indagini realizzate al tempo del prolungato lockdown del 2020: gli alunni delle scuole dell’infanzia, primaria e media, i disabili certificati e gli alunni con bisogni educativi speciali in generale, quelli che vivono in famiglie numerose o in ambienti con spazi limitati, quelli che non dispongono di devices efficienti, e ovviamente coloro che risiedono in località non coperte da Internet (in base ai monitoraggi ministeriali, allo scorso 1° settembre 336.252 alunni non avevano connettività).
 
C’è poi, a quanto risulta dalle stesse indagini, e da numerose testimonianze raccolte anche da Tuttoscuola, un forte divario di “educabilità digitale”, per così dire, tra gli studenti, dovuto alla diversa penetrazione della cultura informatica non solo nelle scuole ma nel contesto sociale nel quale esse sono inserite. Il fenomeno vede in media le scuole del Nord più pronte rispetto a quelle del Sud (fatte salve alcune eccellenze), anche se non si può generalizzare e i contrasti e la disomogeneità esistono all’interno di tutti i territori.
 
Il rischio è che il divario tra i livelli di apprendimento, che peraltro era forte anche prima del Covid-19, come risulta dall’esito delle indagini comparative internazionali e dei test Invalsi (nel 2019 il 35% degli alunni calabresi di terza media aveva gravi difficoltà in italiano, il 60% in matematica), aumenti ulteriormente. Per evitare che ciò accada servirebbe un piano straordinario di azioni che, partendo da una mappatura del rischio di learning loss, intervenga a sostegno delle scuole più esposte in vari modi:

– dotando le scuole (e le famiglie sprovviste) delle necessarie infrastrutture per la connessione alla rete internet;
– fornendo devices (computer o tablet) realmente utili alla didattica digitale a tutti gli alunni che ne sono tuttora privi (non serve solo uno schermo per collegarsi ma uno strumento utile per un apprendimento attivo attraverso una didattica innovativa);
– realizzando brevi corsi di formazione con taglio operativo per gli insegnanti sulla DaD e sulla DDI;
– favorendo lo scambio di buone pratiche e l’aiuto reciproco tra le scuole (come quello favorito dal progetto di solidarietà promosso da Tuttosuola #LaScuolaAiutaLaScuola;
– utilizzando il canale radiotelevisivo e internet per garantire una maggiore copertura per le lezioni e formazione docenti.

 
Sollevando lo sguardo oltre l’emergenza di queste settimane, tutto questo però basterà, nella migliore delle ipotesi, solo a rattoppare la barca che affonda. Servirebbe per il futuro una barca nuova, capace di navigare nel mare di internet, che è quello della generazione Zeta, e che dovrebbe prevedere, come abbiamo già scritto (si potrebbe partire subito e inquadrare gli interventi nell’arco del PNRR):

– l’alleggerimento del carico curricolare, salvo che per un core curriculum essenzializzato (italiano, matematica, scienze, tecnologia);
– la personalizzazione degli itinerari formativi escludendo le ripetenze salvo che in casi estremi;
– la valutazione, da parte degli insegnanti, delle competenze personali e trasversali di ciascun alunno come la resilienza, la capacità di affrontare l’imprevisto, l’uso creativo delle conoscenze, la disponibilità ad interagire, tutte competenze che una utilizzazione proattiva della DaD e della DDI (Didattica Digitale Integrata) può valorizzare in questo passaggio difficile della nostra scuola.

Affrontare questa nuova fase dell’emergenza migliorando la qualità della didattica digitale integrata può rappresentare il primo passo del percorso da compiere.

 
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