I riformisti: ma la Moratti non fa le riforme (purtroppo)

L’ala riformista della opposizione di sinistra, soprattutto quella di estrazione PCI-PDS-DS, rimprovera alla Moratti non di aver fatto ma, al contrario, di non aver fatto le riforme che pure comparivano nel programma elettorale della Casa delle Libertà, a partire dalla creazione dei due sistemi “di pari dignità” in uscita dal primo ciclo.

Un altro esempio, forse anche più clamoroso, è quello che riguarda la mancata riforma dello stato giuridico dei docenti. Secondo Giovanni Cominelli, editorialista de “il Riformista”, il decreto legislativo attuativo dell’art. 5 della riforma sulla formazione e il reclutamento dei docenti “avvia solo un timidissimo cambiamento” e rinuncia alla novità più importante, la chiamata diretta da parte delle scuole autonome. Cominelli, che ha collaborato in più occasioni anche con il sottosegretario Aprea sulle tematiche dell’innovazione educativa, appare ora particolarmente deluso, e giunge a dire che “ancora una volta l’apparato ministeriale e il sindacato sono uniti nella lotta per conservare lo status quo” (intervista a “Tempi” del 10 marzo 2005).
Un’opinione sostanzialmente condivisa anche da Vittorio Campione, già responsabile scuola dei DS e segretario particolare dell’ex ministro Luigi Berlinguer, secondo il quale “essere bravi non è una colpa“, ed è giusto che le scuole autonome “non solo possano ma debbano assumere direttamente il personale di cui hanno necessità nel momento che ritengono più giusto e scegliendo a tal fine le personalità con i profili professionali migliori“.
Forse c’è una parte del centro-sinistra che avrebbe desiderato che il centrodestra facesse alcune operazioni ritenute necessarie, come quelle citate, in modo da liberare il futuro governo (di centro-sinistra) dall’onere di farle in prima persona? Non è casuale che a pensarla così siano i “blairiani” del “Riformista”: Tony Blair non ha mai nascosto di aver un debito di riconoscenza verso Margaret Thatcher soprattutto per la sua linea di forte contestazione del “conservatorismo” dei sindacati.