Emergenza scuole paritarie. Se chiudono chi si farà carico degli studenti?

Tra le scelte obbligate, o comunque altamente consigliabili, che un governo e un Parlamento avveduto dovrebbero fare nelle attuali eccezionali circostanze c’è anche quella di porre finalmente termine alla interminabile querelle del finanziamento delle scuole non statali che si è trascinata per l’intero dopoguerra e non è stata risolta dalla legge 62/2000, che a quelle scuole ha riconosciuto la parità giuridica ma non quella economica.

Il fatto è che la legge n. 62, come si è già osservato in passato trattando questa tematica, non ha sciolto l’ambivalenza contenuta nella nostra Costituzione, che da un lato dispone che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli” (art. 30) e dall’altro stabilisce che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” (art. 33).

Sarebbe bastato nel 2000, e basterebbe anche oggi, dare all’inciso “senza oneri” l’interpretazione che ne diedero allora i proponenti dell’emendamento, il socialista Codignola e il liberale Corbino, cioè che lo Stato non ha l’obbligo di finanziare le scuole paritarie, ma conserva la piena facoltà di farlo se lo decide con una legge.

Bene, la conversione del decreto legge offre ora al Parlamento la possibilità di sciogliere l’ambivalenza della Costituzione e di decidere il finanziamento, magari nella forma della “detraibilità del 100% delle rette sostenute dalle famiglie”, come propone un allarmato documento-appello sottoscritto dalle scuole cattoliche aderenti alle due Conferenze nazionali dei Religiosi e delle Religiose USMI e CISM, che segnala la necessità di evitare il tracollo nel prossimo mese di settembre, se non prima, di almeno “il 30% delle scuole pubbliche paritarie”, con la conseguenza di scaricare sulla scuola statale centinaia di migliaia di nuovi iscritti con un costo aggiuntivo, stima il documento, “pari a 2.8 miliardi di euro”.

Ci sembra una proposta ragionevole, stabilendo eventualmente un tetto corrispondente al costo standard (o medio) del servizio erogato dallo Stato.

Interessante e importante è il passaggio del documento nel quale viene offerta “allo Stato la possibilità di valutare, per far fronte alla emergenza del coronavirus nelle scuole che, senza dubbio, avranno bisogno di garantire un sufficiente ‘distanziamento sociale’, di poter utilizzare, previo accordo, parte degli edifici degli Istituti delle scuole pubbliche paritarie, in una sorta di ‘patto educativo e civico’, perché crediamo che la riapertura delle scuole a settembre segnerà la effettiva rinascita del nostro Paese, dopo questo inverno sociale, economico e culturale”.

Un bel segnale di solidarietà e di senso di responsabilità in questo tempo difficile per la nostra scuola, di cui c’è bisogno.