Educazione civica/1. Un seminario di Scuola democratica

La legge n. 92 del 2019 (“Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”), pur se varata dal Parlamento quasi all’unanimità, è rimasta un oggetto misterioso: un po’ perché la sua implementazione è stata affidata a quattro ministri di tre diversi governi (Bussetti nel Conte 1, Fioramonti e Azzolina nel Conte 2, Bianchi nel governo Draghi), e un po’ per la compresenza in essa di molteplici finalità, dovuta alle mediazioni che ne hanno consentito l’approvazione da parte di quasi tutti i partiti. A ciò si aggiungano le difficoltà organizzative e didattiche derivanti dalla prolungata chiusura delle scuole a causa della pandemia, che ha reso di fatto impossibile il lavoro collegiale dei docenti, indispensabile per un insegnamento interdisciplinare come l’educazione civica.

L’individuazione di una più definita identità di questo insegnamento è stata al centro del seminario online, intitolato non a caso “Educazione civica. Oltre le regole”, organizzato lo scorso 16 novembre dalla rivista Scuola democratica in collaborazione con il Dipartimento di studi giuridici dell’Università statale di Milano e l’Osservatorio sulla criminalità organizzata. Il seminario, progettato da Alessandro Cavalli e Nando dalla Chiesa, ha visto la partecipazione di alcuni tra i più autorevoli collaboratori del numero speciale della rivista, dedicato al tema “Educazione Civica ed alla cittadinanza” (maggio 2021). Ma mentre il denso numero della rivista ha dato conto delle diverse valenze dell’insegnamento denominato dalla legge n. 92 “Educazione Civica”, pur accentuandone quelle relative all’equa acquisizione delle competenze di base finalizzate all’esercizio dei diritti di cittadinanza in una società democratica, come sottolineato dal suo direttore Luciano Benadusi nella introduzione (un approfondimento nella notizia successiva), il seminario si è poi incentrato sulla tematica delle “regole”, in particolare di quelle preposte al rispetto della legalità.

Milena Santerini ha denunciato il ritardo della pedagogia nell’elaborazione di un efficace modello interdisciplinare dell’EC, tale da scongiurare il rischio che della legge 92 (da lei definita “legge nostalgia” perché parla ancora di educazione “civica” anziché “alla cittadinanza”) prevalgano gli aspetti securitari, il richiamo alle politiche d’ordine e alle “regole” intese come rispetto delle norme preposte al funzionamento della società, e della scuola, nella sua attuale configurazione: un’ottica conservatrice che finisce per legittimare le disuguaglianze e la selezione come fondamento della buona educazione. L’EC intesa come educazione alla cittadinanza deve andare “oltre” queste regole e oltre le ambiguità della legge 92.

Un tema ripreso anche da Bruno Losito, Annamaria Ajello e Clotilde Pontecorvo, che hanno concordemente messo l’accento sulla necessità che la didattica dell’EC non sia “enunciativa” (Pontecorvo) ma legata ad azioni significative da parte degli studenti, cioè “agìta” (Losito), e che la valutazione dei risultati non sia affidata a voti o test, ma contenuta in un portfolio di esperienze pratiche (Ajello).

Meno severo nei confronti della legge 92 è apparso Alessandro Cavalli, che ha sostenuto che la sua “genericità”, preferibile comunque alla “prescrittività”, favorisce l’autonoma adozione di buone pratiche da parte delle scuole in materia di educazione alla cittadinanza. Dovrebbe essere sviluppata nelle ore di EC, a suo giudizio, la capacità degli studenti di ascoltare, discutere e argomentare in modo autonomo e critico, così da costruire un solido argine alle fake news che circolano in rete e alla “scuola di diseducazione politica” costituita dai talk show televisivi.   

Per approfondimenti:

https://www.tuttoscuola.com/i-tre-volti-delleducazione-civica/
https://www.tuttoscuola.com/educazione-civica-e-alla-cittadinanza-un-bilancio-finale-riflessione-sullinsegnamento-delleducazione-civica/

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