Draghi/1. La settimana che ha rivoluzionato il quadro politico

È accaduto spesso nelle vicende della politica, non solo di quella italiana, che nel giro di pochi giorni (e qualche volta di un giorno solo, dall’assassinio di Sarajevo del 1914 a quello di Aldo Moro nel 1978) il panorama dei rapporti tra i diversi soggetti in gioco sia rapidamente cambiato, fino a riconfigurarsi in termini assolutamente nuovi e sorprendenti. La settimana che si è appena conclusa appartiene a questo tipo di eventi, come mostrano le dimissioni del governo ‘giallo-rosso’ Conte bis, immediatamente seguite dalla chiamata di Mario Draghi al Quirinale con l’incarico – ha detto il presidente Mattarella – di formare un “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”.

Così il gran colpo di biliardo del rottamatore Matteo Renzi, che ha fatto cadere il Conte bis (dopo averlo fatto nascere in contrasto alla richiesta di “pieni poteri” dell’allora vicepremier Matteo Salvini), ha rottamato non solo il governo in carica ma l’intero quadro politico perché ha determinato la rottura non solo della coalizione di centro-sinistra M5S-PD-Leu-IV ma anche di quella di centro-destra Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia, che sul costituendo governo Draghi si è scomposta in tre posizioni diverse, dall’autoesclusione di FdI al pieno sostegno della FI di Silvio Berlusconi alla disponibilità del già euroscettico Matteo Salvini a entrare in un governo presieduto da un’icona dell’europeismo come Mario Draghi. Per quanto tempo reggerà l’“incantesimo”? E’ una domanda “politica-scettica”, che per carità di patria preferiamo per ora lasciare da parte.

È vero che il presidente Mattarella ha chiesto esplicitamente che il governo Draghi non si identifichi “con alcuna formula politica”, come d’altra parte aveva fatto anche il suo predecessore Giorgio Napolitano con Mario Monti, incaricato di formare “un governo che possa unire forze politiche diverse in uno sforzo straordinario che l’emergenza economica esige”. Però la convergenza di un così ampio e variegato schieramento di forze – dalla Lega ai 5 Stelle (che peraltro hanno collaborato nel primo governo Conte) – a favore di un governo dichiaratamente europeista acquista un rilevante significato politico perché segna il passaggio di questi due partiti dal populismo-sovranismo eurofobico con il quale avevano vinto le elezioni del 2018 a posizioni molto più moderate e responsabili. Vedremo le implicazioni di questo riorientamento politico sul piano programmatico: uno dei terreni sui quali si misurerà la capacità del nuovo governo di operare davvero nell’interesse della next generation è quasi per definizione quello delle politiche educative, come d’altra parte lo stesso Draghi ha affermato in più occasioni.

 

Sull’incarico a Draghi: https://www.tuttoscuola.com/a-draghi-lincarico-di-formare-nuovo-esecutivo-pittoni-lega-priorita-siano-stabilizzazione-docenti-e-prevenzione-sanitaria-nelle-scuole/