Dopo il virus: il modello napoleonico è a fine corsa
Dopo il virus/3
Le resistenze al cambiamento saranno forti: verranno da quella parte di insegnanti che, anche in buona fede, sono convinti della insostituibilità della didattica tradizionale libro-centrica, e che comunque non sono disponibili a cambiarla o si reputano incapaci di farlo. Ma verranno anche da parte dei sindacati, o meglio da una parte del sindacato, perché non è corretto fare di tutta l’erba un fascio: da quella parte più conservatrice e da chi guarda agli interessi della categoria anche quando essi non coincidono con l’interesse generale e degli studenti in particolare. E verranno, forse in misura minore, anche dall’apparato ministeriale, oggi depotenziato e ben diverso dal tetragono monolito di un tempo (fu Berlinguer a scalfirlo per primo) ma abituato a gestire la scuola delle classi e delle graduatorie secondo le vecchie regole di funzionamento, le uniche che conosce.
La scuola tradizionale di stampo napoleonico era funzionale alle competenze professionali degli insegnanti ante-rivoluzione digitale: disciplinaristi, trasmissivi e monomediali, e si reggeva sulla potenza regolativa di un apparato burocratico pervasivo e capillare. La scuola che si annuncia sarà invece interdisciplinare, costruttivista e crossmediale, più adatta a una società che chiede più competenze personali e trasversali (soft skills) e capacità di apprendere nel corso della vita che competenze mirate e chiuse (hard skills).
Il modello napoleonico era naturaliter gerarchico, gerarchizzante e selettivo. La scuola digitale sembra più adatta alla promozione individuale, consente itinerari personalizzati, non dovrebbe (il condizionale è una cautela legata alle future macro scelte di politica scolastica) prevedere scarti, per usare un termine caro a papa Francesco, cioè esclusioni, bocciature, dispersione. La valorizzazione di tutti gli individui di una comunità, il riconoscimento della multiformità delle intelligenze e dei talenti, sono anche lo scenario formativo più congeniale a una società democratica aperta, plurale, equa.
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