Anno 2019: la scuola gialloverde alla prova

Nelle convulse giornate di attività politica e parlamentare che si sono intrecciate con le festività di fine anno l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media si è concentrata sulla Legge di bilancio, approvata in extremis con una procedura accelerata che non ha lasciato spazio al dibattito e al confronto, e quindi alla conoscenza dettagliata dei contenuti del provvedimento.

È già accaduto in passato, quando si chiamava “Finanziaria”, che questa legge finisse per essere approvata a ridosso della fine dell’anno con procedura d’urgenza (e la richiesta della ‘fiducia’ al governo), anche per porre termine alle assillanti istanze di emendamento avanzate soprattutto dai parlamentari delle stesse maggioranze pro tempore, ma questa volta l’apporto del Parlamento è stato azzerato, tanto da spingere l’opposizione a sollevare dubbi di costituzionalità sulla correttezza della procedura adottata. E da indurre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sottolineare, nel saluto agli italiani pronunciato la sera del 31 dicembre 2018, che “la grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento”.

Tra questi contenuti, non diversamente da quanto avvenuto in passato soprattutto con i governi Prodi 2 e Berlusconi, alcuni riguardano la scuola, ma non sono una novità assoluta perché sono stati in vario modo annunciati nei mesi scorsi, dalla soppressione della titolarità di ‘ambito’ al ridimensionamento quantitativo dell’Alternanza scuola-lavoro, riconfigurata come “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, dall’aumento di 2.000 posti per il tempo pieno nella scuola primaria (un intervento di valore strategico, anche se ben lontano dalla generalizzazione del tempo pieno “da ora”, come incautamente annunciato dal vicepremier Di Maio) alla modifica del sistema di reclutamento per la scuola secondaria, con la riduzione del percorso FIT a un anno, coincidente con l’anno di prova: un ritorno al passato in controtendenza con la valorizzazione del tirocinio attuata nei sistemi formativi più avanzati.

Il ministro dell’istruzione Bussetti, in coerenza con la sua immagine di uomo della concretezza, ha da parte sua rivendicato soprattutto il merito di aver inserito nella legge la copertura dei fondi necessari per pagare gli aumenti contrattuali del personale della scuola nel 2019. Ma molte sono le sfide che lo attendono ora sul piano amministrativo e gestionale, in primo luogo quelle che riguardano i concorsi in atto, il reclutamento e la formazione continua del personale, il rapporto con i sindacati.

Il “contratto per il governo del cambiamento” – che ha come orizzonte di riferimento, va ricordato, l’intera legislatura – parla anche di interventi sul fenomeno delle cd. “classi pollaio”, di garantire l’inclusione per tutti gli alunni, con maggiore attenzione a coloro che presentano disabilità più o meno gravi (e qui si è iniziato con un passo falso, se ne parla nelle notizie successive), e di una strategia complessiva per limitare la dispersione scolastica.

Più in generale il 2019 sarà il banco di prova della capacità, da parte della accoppiata giallo-verde, di governare le tante aspettative suscitate in vasti strati sociali, dai pensionati ai giovani disoccupati al variegato precariato della scuola.