Valutazione e proiezione di una scuola che ancora non c’è. L’Invalsi è il capro espiatorio?

Un istituto nazionale di valutazione costituisce un supporto per le autonomie scolastiche e territoriali, un’occasione di confronto con realtà di altri Paesi e con analoghe ricerche internazionali; un’istituzione che, per assolvere pienamente ai suoi compiti, ha bisogno di essere autonoma, o tutt’al più, com’è ora, con un atto di indirizzo del governo.

Valutazione nella scuola dunque, ma anche della scuola e del sistema scolastico, iniziata con le prove INVALSI, ma destinata a continuare con strumenti di autovalutazione e di miglioramento, fino a prevedere forme di rendicontazione sociale. Tutte cose di cui si sente meno parlare, come di quella dei docenti: del resto non sono mai state particolarmente gradite.

Se la scuola è legata ai contenuti e conserva il suo carattere piramidale, basta valutare gli alunni per selezionare quelli adatti a diventare classe dirigente; se invece la scuola possiede autonomia e capacità di relazionarsi con la realtà e di competere, allora occorre dar conto dei risultati per consentire alla società stessa di apprezzare le sue prestazioni e ad essa di potersi adeguare continuamente alle richieste esterne, portando valore aggiunto. Nella storia del nostro ordinamento però le due opzioni hanno convissuto, anche se la elaborazione di un apparato di strumenti valutativi fa propendere per la seconda. Ma la scuola non è solo performante, è anche palestra di vita, di cittadinanza e di democrazia, secondo la Costituzione.

La valutazione esterna prevale in un sistema di autonomie che richiede un confronto di risultati, mentre l’idea di inclusione ha bisogno della capacità della scuola di guardarsi al proprio interno, per dare risposta a tutti i bisogni educativi, magari con l’aiuto “dell’amico critico”. Comunque anche l’efficacia e l’equità dell’inclusione vanno “misurate” proprio per uscire dalla genericità dell’analisi e poter verificare il diffondersi della cultura dell’inclusione dentro e fuori dalla scuola.

Speriamo che si sappia distinguere bene i piani e compiere scelte precise sugli obiettivi da attribuire al cosa e come valutare: per ora la sovrapposizione di diversi provvedimenti e il mancato collegamento tra risultati acquisiti, la ricerca delle cause e gli effetti in termini di politiche scolastiche, continuano a suscitare disorientamento e incomprensioni negli operatori. L’INVALSI non è la causa di tutto questo e nemmeno l’atto di indirizzo del ministero aiuta a chiarire: si ha l’impressione che l’Istituto di valutazione diventi il capro espiatorio.