DaD: meriti e demeriti

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È già tempo di bilanci, anche per la didattica a distanza. L’esperienza della DAD, all’inizio apprezzata e poi quasi demonizzata, quali aspetti positivi e innovativi ha messo in luce, meritevoli di acquisizione per diventare patrimonio didattico, metodologico e sociale? E quali aspetti negativi possono servire comunque ad avvalorare il cambiamento?

Partiamo da questi ultimi.

Anche attraverso la DAD è sopravvissuta la logica antica della trasmissione tout court dei saperi.

Non interessa qui sapere quanti docenti (soprattutto nella secondaria) hanno continuato ad applicare anche a distanza quella logica. È certamente successo, peggiorando il rapporto funzionale tra insegnamenti e apprendimenti per lo scarso coinvolgimento dei ragazzi e per assenza di motivazione.

Per giustificare questa metodologia di lavoro non si invochi, per favore, la libertà d’insegnamento. Il contratto di lavoro degli insegnanti prevede da anni ben altro. Il profilo professionale del docente (art. 27 del CCNL) è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti. La stessa funzione docente (art. 26) realizza il processo di insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni.

Probabilmente spetterà ai dirigenti scolastici favorire per gli insegnanti delle scuole che dirigono un’inversione di rotta, tenendo conto del fatto che sono responsabili dei risultati, a loro spettano autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, nonché la promozione degli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi. Ma ci vuole la collaborazione di tutti gli stakeholders, a partire dai docenti e dalle forze sindacali e associative che li rappresentano.

Tra gli aspetti positivi di cui fare tesoro per una scuola nuova, va sottolineato il metodo della ricerca e l’impiego funzionale e mirato delle immense risorse offerte dal mondo dei media per il quale i ragazzi evidenziano maggiore familiarità e attenzione.

Dove la didattica a distanza è stata fatta bene, perché i docenti erano formati e usavano metodologie didattiche innovative, le famiglie hanno apprezzato moltissimo il servizio.

Inoltre in molti casi la DAD ha permesso agli insegnanti di scoprire il mondo, fin qui sconosciuto, della vita familiare dei propri ragazzi. Potenzialità e limiti individuali degli studenti, riscoperti attraverso la didattica a distanza, hanno contribuito probabilmente a rivedere in termini formativi la relazione docente-alunno.

C’è infine un aspetto sociale non trascurabile: il rapporto tra la scuola e la famiglia, soprattutto per le scuole del primo ciclo.

Non poche volte i genitori sono stati costretti a svolgere tra le mura domestiche un ruolo suppletivo di insegnamento. Anche a loro si deve la riuscita della DAD e proprio attraverso quel sostegno gli insegnanti hanno potuto conoscere meglio l’apporto delle famiglie.

I genitori, nel loro ruolo improprio e improvvisato di sostegno ai figli in DAD hanno scoperto l’importanza – e la complessità – del lavoro degli insegnanti. “Ma come fanno gli insegnanti – hanno detto in molti – a gestire 20 alunni contemporaneamente, quando noi non riusciamo a gestire soltanto nostro figlio?”.

Da questa lunga esperienza della DAD esce certamente una diversa consapevolezza dei rispettivi ruoli della scuola e delle famiglie e l’auspicio di azioni sinergiche convinte e sempre più diffuse. Ne può derivare un rilancio della fondamentale alleanza educativa, che serve a tutti per raggiungere il comune obiettivo dell’educazione dei giovani.