Verso la terza settimana di passione nella scuola/2. In attesa degli ‘open data’

Scuola in presenza a tutti i costi o “ritirata strategica” nel fortino della Dad? Scelta difficile, anzi difficilissima. Il Governo ha scelto la prima, nel senso di difesa del principio, prevedendo però complessi meccanismi automatici per la messa in Dad che stanno stritolando le scuole costrette a erogare un servizio in parte “monco” (La scuola in difficoltà: tra baby-sitting e dependance delle ATS, ne parlavamo la scorsa settimana).

Si tratta di un quadro generale che non può non richiamare alla mente l’appello dei duemila e 500 dirigenti scolastici che ai primi di gennaio chiedevano di protrarre la riapertura delle scuole in presenza di almeno due settimane.

La polemica con il ministro Bianchi ruota intorno ai numeri delle classi in DAD, soprattutto dopo che il ministro ha avocato al suo dicastero l’esclusiva competenza di fornire dati in merito e che in audizione in Parlamento ha riportato alcune percentuali ritenute generiche e apparse non aggiornate.

E’ più che fondata la posizione del ministro. Ma, visto che dispone di un gruppo costituito ad hoc che può utilizzare risorse tecnologiche che non possiede nessuno, per quale ragione, invece di pochi dati di sintesi, non pubblica per ogni regione e per ogni settore i dati aggiornati e continuativi in valore assoluto delle classi e dei docenti?

La trasparenza non è soltanto funzionale alla verità, ma rende anche credibile chi la usa con oggettività senza piegarne la lettura a valutazioni discrezionali. L’amministrazione trasparente, quella degli “open data”, deve essere praticata, altrimenti non resta che uno slogan.

Probabilmente l’assenza di tanti insegnanti ammalati o in quarantena non era stata prevista nelle dimensioni segnalate in vari territori.

La chiamata di docenti MAD e alcuni interpelli nazionali via web per talune classi di concorso prive di titolari sono segni preoccupanti della difficoltà di tenuta del sistema in molte scuole.

C’è infine il pesante disagio di migliaia di famiglie di bambini delle scuole dell’infanzia e di alunni della scuola primaria – un numero in aumento ogni giorno – costrette ad assistere i figli in casa per la quarantena della classe. Le restrizioni puniscono tutti, vaccinati e non vaccinati. Una situazione che sta colpendo con particolare durezza anche la scuola dell’infanzia paritaria, dove ormai circa un terzo delle sezioni sono chiuse. Con un’aggravante: molte famiglie, di fronte ad assenze di più di dieci giorni, mettono in discussione in pagamento della retta, ma le scuole hanno costi fissi da coprire (da qui la richiesta della Fism al Governo di ristori).

Forse una minore rigidità delle regole potrebbe garantire ugualmente sicurezza in classe, senza pesare sulla organizzazione assistenziale delle famiglie.

Le lezioni in presenza sono un bene da salvaguardare, ma a quale costo?

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