Tempo pieno: i possibili margini di azione delle scuole

Nell’organizzazione dell’orario settimanale i criteri della programmazione delle attività educative devono rispettare una equilibrata ripartizione dell’orario quotidiano tra le attività obbligatorie e quelle opzionali facoltative“. Così afferma l’art. 7, comma 9, del decreto legislativo.

Questo significa che non ci dovrebbe essere la deprecata (dall’opposizione e dai sindacati) divisione netta tra la “scuola del mattino”, e il “doposcuola” pomeridiano, cui sarebbero assegnati, rispettivamente, un docente di serie A, e uno spezzatino di più docenti, inevitabilmente subordinati al primo. Almeno nei casi in cui sarà possibile formare classi separate tra coloro che optano per l’orario base (891 ore annuali) e quelli che si avvalgono delle attività opzionali.

Non è da escludere che le soluzioni organizzative potrebbero prevedere al limite, così stando le cose, anche la conservazione del modello classico di “tempo pieno”, con i due maestri contitolari (l’articolo 15 prevede la conferma di organico per il tempo pieno di quest’anno anche per l’anno prossimo), e perfino la suddivisione tra di essi dei compiti di orientamento, coordinamento, tutoraggio degli allievi che l’art. 7, comma 5, affida ad un “docente in possesso di specifica formazione”. In questo caso a due.

L’ipotesi non sembra del tutto irrealistica (ma dovrebbe essere esplicitata in fase di implementazione del decreto), considerate: 1) le competenze delle scuole autonome in campo organizzativo, didattico e di ricerca e sviluppo; 2) il rilevante numero di esperienze di “tempo pieno” consolidate e gradite alle famiglie; 3) il fatto che lo stesso presidente Berlusconi ha sostenuto in conferenza stampa che sul tempo pieno “non cambia nulla”, e che l’opposizione ha detto “bugie” sull’intenzione del Governo di sopprimerlo. E allora è autorizzata anche questa interpretazione, altrimenti le bugie le avrebbe dette lui…