Secondo ciclo: quale strategia per le Regioni?

Riusciranno le Regioni a contrastare il disegno del governo, che emerge dalla lettura del decreto sul secondo ciclo, di voler assimilare del tutto il percorso di istruzione e formazione professionale agli attuali percorsi sperimentali? Quali gli strumenti e le procedure da assumere per contenere la forte spinta alla licealizzazione e alla gerarchizzazione dei percorsi? Opteranno per la costruzione di un percorso superiore non accademico in competizione con la scuola e l’università?
La questione prioritaria e centrale, per avere un punto fermo nel confronto Stato-Regioni, è definire un quadro organico ed unitario di attuazione della sentenza n. 13 del 2004 della Corte Costituzionale secondo la quale la competenza, significativa ed importante, concernente la definizione delle dotazioni organiche del personale docente è delle Regioni.
Il processo di definizione della distribuzione delle competenze tra Stato, Regione, autonomie territoriali e funzionali deve rendere operativa la potestà legislativa concorrente sull’istruzione, nonché il ruolo di indirizzo, di programmazione e valutativo della Regione, rendere visibile il senso della nuova organizzazione scolastica, ribadire la centralità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, favorire in parallelo la crescita dei livelli istituzionali interattivi con il sistema educativo.
E’ con questo scenario che va sviluppato ai tavoli tecnici Miur-Regioni il contenuto del decreto del secondo ciclo, con la consapevolezza che non è fattibile tutto ciò che contrasta con i principi costituzionali contenuti nel riformato titolo V della Costituzione.