Scuola e politica/2. Valditara, un conservatore riformista

Non era scontato che il passaggio della Destra di Giorgia Meloni dall’opposizione a responsabilità di governo avrebbe comportato un riassestamento della linea politica di quel partito con l’abbandono delle posizioni (le “bandierine”, le aveva chiamate Mario Draghi) più nazionaliste e antieuropee, ma è esattamente quello che è accaduto, tanto da indurre la Lega di Salvini (ma non quella di Giorgetti) a occupare lo spazio all’estrema destra lasciato libero da Fratelli d’Italia, per esempio in materia di emigrazione e di alleanze internazionali, come ha dimostrato platealmente la partecipazione di Marine Le Pen alla kermesse leghista di Pontida proprio negli stessi giorni in cui Giorgia Meloni consolidava il suo rapporto con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

A questa ricerca di una ricollocazione più moderata e “centrista” del Destra-centro di governo sta offrendo un significativo contributo il ministro dell’istruzione e del merito Valditara, che pur essendo stato designato per l’incarico dalla Lega sembra sintonizzato più che sul filone neonazionalista di Salvini, su quello per così dire neoeuropeista (che appare più vicino semmai a Giorgetti, e alla Meloni premier). Di questo orientamento il ministro ha dato più di una prova, dal messaggio da lui inviato alle scuole il 9 novembre 2022 in occasione dell’anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino, definito come una “festa della nostra liberaldemocrazia”, alla critica radicale del modello di scuola gentiliano (“Io vado nella direzione opposta”, ha dichiarato): un modello gerarchico e selettivo al quale egli contrappone (giustamente) quello aperto e inclusivo della personalizzazione.

Certo, occorrerà vedere se i programmi (molti dei quali già ben indirizzati) troveranno concreta attuazione. Per esempio, se si realizzerà davvero quella fondamentale valorizzazione della filiera tecnico-professionale, tanto da renderla competitiva con quella liceale, promessa nel disegno di legge varato dal governo lo scorso 18 settembre; se decollerà davvero in modo significativo il “terziario professionalizzante”, aiutando l’Italia a innalzare la più che mediocre percentuale di laureati nella fascia 24-65 anni (20,3%), la più bassa in Europa (media: 34,3%) dopo la Romania (19,7%); in cosa consisterà esattamente la promessa “personalizzazione” dei curricula; se gli insegnanti saranno messi in condizione di reggere la sfida (a proposito: quando entrerà in funzione la Scuola di Alta Formazione?).

Certo, se gli ambiziosi obiettivi di Valditara cominciassero a concretizzarsi nel corso della legislatura, la politica scolastica di questo governo non potrebbe essere classificata come “di destra”. Caso mai di segno conservatore-riformista, un po’ come quella della destra moderata ma democratica degli USA, quella alla quale si ispirò la legge di Bush del 2001 NCLF (No Child Left Behind), non a caso poi ripresa in parte dalla sinistra moderata di Obama con la legge del 2015 ESSA (Every Student Succeeds Act). Lo sapremo, come si usa dire, solo vivendo.

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