Pagano (PDL): più autonomia e maggiore perequazione

Per la nostra inchiesta sul federalismo scolastico, dopo aver ascoltato il Pd, la Lega e l’Idv, è la volta del Pdl: abbiamo sentito Alessandro Pagano, deputato del Popolo della Libertà. L’on. Pagano, componente della commissione Finanze della Camera, laureato in economia e commercio, esercita la professione di commercialista, ed è docente a contratto presso la facoltà di Economia dell’Università di Messina.

Il disegno di legge delega sul federalismo fiscale, approvato in prima lettura dal Senato il 22 gennaio con l’astensione dell’opposizione, approda alla Camera fra pochi giorni. E indubbiamente rappresenta un importante passo avanti, che dà concretezza alla discussione sul nuovo assetto federale dello Stato. Un dibattito reso ancora più urgente dai contenuti del ddl, che di fatto costituisce una delega in bianco data dal Parlamento al governo. Proprio sul tema delicato del cosiddetto federalismo scolastico Tuttoscuola sta conducendo un’inchiesta: la senatrice Bastico a nome del Pd ai nostri taccuini ha pronosticato un’intesa pure a Montecitorio, il Carroccio invece per bocca della sua collega Goisis è stato più prudente, l’Italia dei Valori con l’on. Zazzera ha posto la condizione della solidarietà. Qual è la sua valutazione, on. Pagano?

Il punto di convergenza si situa nell’etimologia del concetto di responsabilità che significa “abilità a fornire risposte”, disponibilità ad esercitare una propria autonomia che consenta di gestire al meglio le risorse. Gestire le risorse al meglio significa evitare tutti quegli sprechi che invece genera lo Stato. Lo Stato finora ha vissuto come un Padre-Padrone che vuol gestire la vita dei cittadini “dalla culla alla bara” e che si fa carico di qualsiasi capriccio del figlio, senza mai responsabilizzarlo nella gestione finanziaria. Ciò vale anche per la funzione educativa e per l’istruzione. Lo Stato invece deve avere un ruolo di programmazione, deve tracciare un planning, delle linee guida, ma è la realtà locale a dover capire come gestire le proprie forze, specialmente in tempi di crisi. Questo tipo di visione non può che andare a vantaggio dell’equilibrio delle risorse.

Sappiamo che le Regioni non sono tutte uguali, e che difficilmente potranno procedere alla stessa velocità. Per questo è stato previsto un meccanismo di perequazione. E’ d’accordo?

E’ evidente che vi sono regioni ed enti locali svantaggiati economicamente ed è altrettanto evidente che è giusto prevedere che dove le imposte proprie e le compartecipazioni sui grandi tributi erariali non siano sufficienti, intervenga il fondo nazionale di perequazione. In sintesi il percorso sarà: “Autonomia dei territori, solidarietà tra Stato e livelli intermedi, responsabilità della classe dirigente locale“.

Rispetto al testo originario le principali novità toccano soprattutto tre temi: diritto allo studio, edilizia scolastica e asili nido. Partiamo dal diritto allo studio, un concetto piuttosto ampio…

Il diritto allo studio si concretizza nel garantire a tutti i cittadini l’istruzione fornendo i servizi di base, tracciando degli standard in linea con l’assetto degli altri paesi europei e garantendo, in virtù di questi Livelli Essenziali delle Prestazioni che il servizio formativo sia assicurato al cittadino anche in quelle regioni dove attualmente la condizione dell’istruzione è a livelli disastrosi.

Bisogna assumere il concetto di standard che va d’accordo con quello di limite: vi deve essere un livello accettabile per tutti, assicurato dal fatto che venga posto un limite alla spesa storica. Non ci si può basare per stanziare fondi su quanto è stato “sprecato” nel passato. Non è ammissibile, ad esempio, che vi sia un numero enorme di studenti fuori corso che è un costo indefinibile per la collettività. E’ il momento di introdurre un criterio di merito, criterio che si sposa con quello di responsabilità e di definizione certa dello standard dello studio.

Infine mi viene facile fare un po’ di polemica ed evidenziare cosa intenderei io per diritto allo studio:

a. diritto ad avere un insegnamento buono senza dover penalizzare sempre le teste migliori con mille attenzioni ai fannulloni per il “diritto al recupero”

b. diritto a dei docenti ben preparati e capaci di relazione con i giovani e non solo garantiti da una laurea e un corso SIS. Nel privato un professionista che non lavora è escluso, perché la scuola deve tenere sempre il personale assunto se non da buoni risultati?

c. diritto a locali puliti e adeguatamente arredati dove i danni arrecati dagli studenti vengono da loro stessi ripagati e non ricadono sui contribuenti

d. diritto ad un ambiente bello perché “la bellezza salverà il mondo”

e. diritto ad avere un insegnamento coerente con le linee culturali dei genitori e quindi affrancamento delle scuole paritarie cattoliche

f. diritto a una serietà dei titoli acquisiti senza la sovrabbondanza degli istituti diplomifici da cui si ottiene un diploma che ha lo stesso valore di un istituto serio quindi una libera concorrenza tra le scuole anche statali perché si possa giocare sul prestigio, e forti limitazioni all’apertura di centri di dubbia serietà

g. diritto ad una certa equità di valutazione tesa ad un innalzamento del livello di conoscenze e competenze, non ad un eterno buonismo

Passiamo all’edilizia scolastica, di cui nel testo originario non si parlava affatto e adesso invece viene menzionata come funzione fondamentale…

Mi pare fondamentale che l’edilizia scolastica sia lasciata a livello locale, e non nazionale, per maggiore velocità di decisioni, di interventi, di adeguamenti delle strutture, possibilità di interagire più facilmente con le realtà economiche locali anche a livello strutturale ed ottenere contributi, maggiore interesse delle amministrazioni locali a dimostrare la propria efficienza in un campo sempre un po’ disatteso come quello degli edifici scolastici. In fondo un’amministrazione che possa vantare delle belle e funzionali scuole fa una figura migliore rispetto ad altre che non pongono attenzione al problema. Un po’ di concorrenza verso il bene non fa mai male.

E infine gli asili nido…

L’idea è quella di ridurre la pressione fiscale e quindi siamo a favore di sconti irpef anche per asili nido. I Comuni sempre in base al principio di sussidiarietà devono farsi carico dei costi.

Aggiungo che gli asili nido sono oggi lo strumento principe per favorire il lavoro femminile e la maternità. Molte famiglie rinunciano a fare il 2° figlio, non parliamo del 3° o 4°, perché non sanno a chi affidare i loro bimbi.

La civiltà di un popolo si misura anche da questi servizi e l’Italia è messa male.

Il punto cruciale è come verrà realizzato il finanziamento di questo nuovo assetto delle competenze: per Lei quali sono le modalità da seguire?

In base al principio di “territorialità” verranno attribuite risorse autonome alle Regioni e agli enti locali, in modo che, appunto, tutti i livelli di governo si responsabilizzino, con la garanzia della perequazione fiscale. Il prelievo fiscale sarà correlato ai benefici e sarà facoltà delle Regioni far compartecipare gli enti locali al gettito dei tributi.  I tributi saranno accreditati direttamente agli enti titolari attraverso meccanismi di accertamento e di riscossione.

Gli enti che non assicurino l’equilibrio tra imposizioni fiscali e servizio saranno sanzionati e anche in questo senso saranno indotti ad una più equa distribuzione

Non è che alla fine si pagheranno più tasse?

Più di quante se ne pagano oggi? Da 30 anni siamo il Paese occidentale che paga più imposte pro-capite. Qualcuno lo ha definito “Persecuzione fiscale”. Con questo nuovo sistema lo Stato a questo punto sarà in grado di ridurre la propria pressione fiscale in funzione della maggiore autonomia di entrata di Regioni ed enti locali; la conseguenza è anche un risparmio in termini di mezzi e impiegati di Stato a vantaggio di una gestione locale più conforme alle reali esigenze.

C’è un modello federale nel mondo che Lei considera un esempio da seguire?

Non esiste un modello perfetto di federalismo ma Benedetto XVI nel viaggio negli Stati Uniti ha espresso particolare simpatia per il modello americano.

Il modello che stiamo attuando si posiziona su un livello di liberalità che si propone di integrare i poteri e le funzioni dello Stato con le autonomie locali: la chiave di volta sociale penso che stia per noi nel principio di perequazione che salvaguarda il diritto di tutti i soggetti meritevoli all’istruzione e ad altri servizi primari e imprescindibili.