Autonomia differenziata/2. Il modello USA e quello tedesco

Gli Stati federali come gli USA e la Germania (ma ne esistono molti altri, dall’India al Brasile all’Argentina al Canada e così via fino agli Emirati Arabi Uniti) offrono esempi di coesistenza tra una forte autonomia regionale e la forte centralizzazione di alcune funzioni in materia di politica estera, della difesa e monetaria.

In questi Paesi in genere la politica scolastica è di competenza delle autorità locali (per esempio: i 51 Stati che compongono gli USA e i 16 Länder che formano la Repubblica Federale di Germania) e si pone dunque il problema del coordinamento a livello centrale/federale di tali politiche.

Nel caso degli USA, dove i sistemi scolastici sono storicamente nati dal basso, all’interno delle comunità locali, e sono stati successivamente regolati a livello dei singoli Stati, il governo federale si è sempre limitato a interventi finanziari, integrativi di quelli stabiliti dagli Stati, finalizzati a incentivare il miglioramento della qualità e soprattutto dell’equità dell’offerta formativa, caratterizzata da enormi divari territoriali, etnici e di genere.  Negli ultimi 30 anni i governi ­– sia quelli a guida democratica, Clinton, Obama e ora Biden, sia quello repubblicano di George W. Bush – hanno investito notevoli risorse in tal senso ottenendo qualche risultato ma senza poter incidere sull’iniquità di fondo del sistema scolastico statunitense nel suo insieme.

Se in Italia si andasse in ipotesi verso un presidenzialismo di tipo americano, accompagnato da una forte autonomia regionale differenziata, avremmo la stessa situazione di forti divari territoriali che gli USA cercano (con grandi, probabilmente insormontabili difficoltà) di affrontare con il sistema degli incentivi ai vari Stati perché intervengano con politiche di riequilibrio.

Nel caso della Germania, dove egualmente la politica scolastica è gestita dai Land, il governo federale interviene solo con funzioni di coordinamento attraverso la “Conferenza permanente dei ministri dell’Educazione e degli affari culturali dei Länder della repubblica Federale di Germania”. L’obiettivo primario è quello di giungere alla definizione di posizioni comuni su alcuni punti come inizio e durata dell’istruzione obbligatoria a tempo pieno, inizio e fine dell’anno scolastico, durata delle vacanze, denominazione dei diversi istituti di istruzione e loro forma organizzativa, possibilità di passaggio tra i diversi tipi di scuole; riconoscimento dei certificati e dei diplomi degli insegnanti;  riconoscimento reciproco dei diplomi conferiti dalle scuole di istruzione generale e professionale di tutti i Länder. Da notare che tutte le decisioni devono essere prese all’unanimità e hanno valore solo di raccomandazione che i Ministri si impegnano a far adottare dai Parlamenti dei rispettivi Länder.

Anche in questo caso se, sempre in ipotesi, l’Italia adottasse il modello di autonomia superdifferenziata della Germania, che è una repubblica federale ma non presidenziale, il compito di coordinare le politiche scolastiche delle Regioni (o macroregioni, raggruppando le più piccole) spetterebbe a un organo come la Conferenza unificata Stato-Regioni, e non al Ministero dell’istruzione, e ciò anche in caso di introduzione dei LEP (Livelli essenziali delle Prestazioni).

A dire la verità, considerata la situazione politica italiana e la storia della scuola italiana, sia il modello USA sia quello tedesco ci sembrano prospettive lunari. (O.N.)

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