Non buttare la DAD con l’acqua sporca: proposte per rilanciare la scuola
Vittorio Midoro, già autorevole ricercatore e dirigente di ricerca del CNR presso l’Istituto Tecnologie Didattiche, scende in campo in aperta polemica con coloro che sostengono, a suo avviso senza fondate argomentazioni, che la chiusura delle scuole con il ricorso alla DAD avrebbe effetti negativi sulle competenze, sui comportamenti e sull’emotività dei giovani, a causa del venir meno di relazioni e socialità, da recuperare con un piano di recupero nei mesi estivi.
In un articolo pubblicato nel sito Agendadigitale.eu Midoro contesta in primo luogo che le scuole siano state “chiuse”. In realtà, osserva giustamente il ricercatore, “sono stati chiusi gli edifici scolastici e sospese le lezioni in presenza, ma l’attività scolastica è continuata con gli strumenti a disposizione e cioè con le tecnologie digitali”. Al cui impiego tuttavia la scuola italiana era evidentemente impreparata essendo rimasta ancorata al libro e ai suoi paradigmi (lezione trasmissiva, studio sui manuali, predominio della lettura ecc.), senza prendere coscienza del fatto che la rivoluzione digitale comportava il passaggio dai testi scritti agli oggetti digitali, e aggiungeva ai libri i computer. L’altro problema – integriamo noi – è che per limiti infrastrutturali o organizzativi la Dad non ha raggiunto tutti gli studenti nella stessa misura.
E a coloro che, citando studi americani e olandesi, quantificano nel 30-50% la perdita di apprendimento (learning loss) causata dal lockdown, Midoro replica che è scorretto applicare modelli valutativi pensati con riferimento alla didattica tradizionale (i test oggettivi) a una situazione nella quale non solo gli insegnanti hanno dovuto necessariamente ridurre i programmi, ma hanno anche cominciato a “praticare un modo diverso di fare scuola: dalla lezione all’interazione con ambienti di apprendimento, dallo studio individuale a un lavoro cooperativo”.
E allora, chiede il ricercatore ponendo alcune domande che anche noi di Tuttoscuola ci siamo fatti, e che rilanciamo: “Perché non approfittare di questo momento di crisi per trasformare la DAD da necessità in opportunità di cambiare il modo tradizionale di fare scuola?”. E perché non studiare “l’impatto sugli studenti che hanno sperimentato questo modo diverso di essere della scuola? Questa scuola ovviamente non elimina la presenza ma la ibrida con la distanza”. Segue una serie di proposte di ibridazione: “Piccoli gruppi di studenti, che hanno lavorato collaborativamente in rete per realizzare un prodotto, o un servizio o per studiare una problematica, su appuntamento, anche in presenza, possono incontrarsi in sicurezza, magari all’aperto per discutere sui progressi e sul da farsi con i docenti e tra di loro, come in una specie di nuovo laboratorio artigiano che ibrida spazi fisici con spazi virtuali. In tempo di pandemia la presenza scolastica è praticabile in piccoli gruppi, in spazi areati e con misure di sicurezza che garantiscano il distanziamento fisico, evitando il distanziamento sociale.”
Quanto al piano di recupero nei mesi estivi, cui ha accennato anche il nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi, Midoro propone che anziché tentare di restaurare la vecchia scuola si organizzino “attività che si aprono verso nuovi modi di arricchimento cognitivo, affettivo, e psicomotorio” come fare musica insieme, realizzare film, scrivere poesie, sperimentare tecniche di scrittura creativa, fare teatro, imparare a progettare app, imparare a usare droni per studiare l’ambiente, fare gare di robot, sviluppare l’intelligenza emotiva: sarebbe una scuola nuova, conclude, che rispetta le diverse intelligenze e sviluppa le competenze trasversali, come richiesto con sempre maggiore forza e urgenza dal mondo produttivo. Una scuola nuova i cui risultati, aggiungiamo, non possono essere misurati con metodologie valutative nate per valutare la scuola vecchia. Ne parliamo nella notizia successiva.
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