La scuola in difficoltà/3. Idee su come uscirne

Due anni di pandemia sono stati affrontati con tante misure transitorie ed emergenziali, e ben pochi interventi strutturali. Quel che servirebbe è, in aggiunta e parallelamente alle misure urgenti indicate nella parte finale della precedente notizia(fornitura delle FFP2, un sistema di tracciamento affidabile, sistemi di aerazione), la definizione di un piano di medio termine (i tempi potrebbero essere quelli del PNRR) che superi l’emergenza e punti su alcune modifiche strutturali dell’impianto del nostro sistema educativo: eliminazione in radice delle “classi pollaio” attraverso la riduzione del numero di alunni per classe e l’aumento dello spazio fisico a disposizione di ciascun alunno; utilizzo non provvisorio di spazi aggiuntivi (in una logica di sinergia con gli enti locali e con la scuola non statale) per favorire il distanziamento; impiego sistematico delle nuove tecnologie online e offline per una didattica in presenza e a distanza più flessibile e personalizzata; messa a disposizione di tutti della connessione e dei dispositivi tecnologici; formazione iniziale e in servizio obbligatoria e supporto operativo per i docenti riguardo alle predette innovazioni. Tutti interventi utili a contrastare le difficoltà poste dalla pandemia e i potenziali effetti, ma che servirebbero a prescindere dalla piaga del virus per la indispensabile transizione verso una maggiore qualità e personalizzazione del servizio educativo. Indubbiamente richiedono investimenti massicci, e quindi una riconsiderazione della scala di priorità del paese. A quale livello vogliamo collocare l’educazione?

Vogliamo per una volta guardare anche oltre? Ci sono in aggiunta modifiche che potrebbero rinnovare la cornice ordinamentale del sistema di istruzione: sostituzione delle bocciature (limitandole solo ai casi di mancato impegno o rispetto della disciplina) con piani didattici individualizzati (definizione degli obiettivi di apprendimento in relazione alle potenzialità di ciascun alunno); essenzializzazione e alleggerimento dei contenuti dei piani di studio; riduzione di un anno della durata della scuola secondaria superiore con una maggiore integrazione con l’istruzione terziaria.

Si tratta di proposte che Tuttoscuola ha avanzato ripetutamente negli ultimi due anni, come i nostri lettori sanno. Per fortuna non siamo i soli a sostenere la necessità di un piano organico che superi l’affanno delle misure congiunturali. Ci limitiamo a fare due esempi, ben sapendo che il dibattito in corso è ricco e intenso.

Luca Ricolfi conclude così un suo articolo, che parte da un’analisi di quanto sta accadendo in Israele e in altri Paesi del mondo, per poi concentrarsi su quanto non si sta facendo in Italia: “Capisco che aumentare il numero di aule, assumere più insegnanti, introdurre la ventilazione meccanica controllata, siano misure che hanno un costo, e inevitabilmente distraggono risorse da ambiti elettoralmente più promettenti. Capisco anche che, ai politici, convenga credere e far credere che le scuole non siano un problema, e che basti dire ‘no alla Dad’ per scongiurare nuove chiusure e nuove quarantene generalizzate. Ma mi permetto di osservare che, nella lotta al virus, il banco di prova cruciale è costituito dalla stagione fredda, e da ciò che nella stagione fredda accade negli ambienti chiusi, a partire da quelli più affollati e in cui si rimane più a lungo. E poiché mettere in sicurezza gli ambienti chiusi richiede tempo (almeno 8 mesi, secondo l’esperienza di chi ci ha provato), il momento di agire è adesso. Farci trovare impreparati per il terzo anno consecutivo sarebbe imperdonabile”.

Riccardo Luna a sua volta in un brillante articolo comparso su Repubblica.it intitolato Perché la DaD è un’occasione persa (integralmente ripreso e condiviso da Radio Radicale nella sua ascoltata rubrica domenicale ‘Media e dintorni’ di ieri 16 gennaio) spiega che l’occasione persa sarebbe stata quella “di farla diventare una vera forma di didattica, non qualcosa da attivare solo prima della fine del mondo, come quei pulsanti che ti espellono dall’abitacolo prima che esploda; ma piuttosto un set di strumenti da usare per migliorare la didattica tradizionale. Un super potere in più nel nostro arsenale e non l’ultima spiaggia dove naufragare”.

Non si può dire in conclusione che siano mancate, negli ultimi due anni, idee e proposte su come convertire la “catastrofe educativa” provocata dalla pandemia in una occasione per ripensare e rilanciare il ruolo della scuola. La prospettiva, resa possibile dalle nuove tecnologie, è quella della personalizzazione e dell’inclusione valorizzando le diversità, e non sottoponendole, come faceva la vecchia scuola pre-pandemica, al filtro selettivo di standard uniformi e impersonali. 

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