La scuola del dopo-virus: le proposte di Tuttoscuola e Scuola democratica

La scuola del dopo-virus/3

La scuola italiana, osservata con lo sguardo pessimista di Galli della Loggia in L’aula vuota (e ancora la scorsa settimana sul Corriere della Sera), e con il realismo chirurgico di Luca Ricolfi in La società signorile di massa – due libri usciti nel 2019, alla vigilia dell’annus horribilis sconvolto dal Coronavirus – sembra destinata a una lenta decadenza, fatta di sopravvivenza inerziale e di inerzia decisionale.

Ma non si tratta di un destino inesorabile. Dal mondo della scuola, come si è visto in questi mesi, giungono anche segnali sia di resilienza e capacità di adattamento sia di disponibilità all’innovazione che i decisori politici sbaglierebbero (ancora una volta) a non cogliere per mettere in cantiere un serio progetto di ri-scolarizzazione, il secondo scenario delineato dall’OCSE accanto ai due – la descolarizzazione e l’implosione – che segnerebbero la fine non dell’educazione ma certamente della scuola come agenzia primaria.

Tra le proposte di respiro strategico volte a rilanciare il ruolo della scuola ben oltre la congiuntura del Covid-19 ne indichiamo qui due, entrambe costruite attorno a un’idea guida: quella dell’inclusione e della qualità didattica, che è al centro della riflessione di Tuttoscuola, e quella dell’equità, che caratterizza il progetto di riordino dell’intero sistema scolastico illustrato dalla rivista quadrimestrale Scuola democratica (ed. il Mulino) nel primo fascicolo del 2020.

In estrema sintesi la proposta di Tuttoscuola, costruita a partire dalle analisi presentate nel dossier “La scuola colabrodo” (settembre 2018), e ripresa nel progetto La scuola che sogniamo, è quella di eliminare qualunque forma di esclusione dal circuito scolastico e formativo fino ai 18 anni (termine degli studi secondari, da accorciare di un anno), da realizzare attraverso la personalizzazione degli itinerari educativi individuali, l’eliminazione degli standard, e la sostituzione dei diplomi con la certificazione delle competenze. La parola chiave è quella dell’inclusione, congiunta alla qualità didattica.

La proposta di Scuola democratica, contenuta in un articolo a firma dei direttori della rivista, Luciano Benadusi e Vittorio Campione, è quella di ripensare in termini unitari e di forte coerenza verticale il percorso educativo dai 3 ai 16 anni con tre possibili scansioni, con esplicita preferenza per la prima ipotesi. 1) 6 sub-cicli: i tre anni della scuola dell’infanzia; i primi due anni dell’attuale primaria; i secondi due anni; il quinto anno insieme al primo dell’attuale secondaria inferiore; l’attuale secondo e terzo anno della secondaria inferiore; il primo biennio della secondaria superiore. 2) 3 sub-cicli: 3+5+5 anni di scuola media con esame finale. 3) 4 sub-cicli, l’ipotesi più continuista: 3+5+3+2, sempre con esame alla fine dei 13 anni. Parola chiave: l’equità, intesa come costruzione di un asse culturale condiviso tra tutti gli alunni dai 3 ai 16 anni.

Le due proposte hanno in comune l’attenzione per la persona, da perseguire per strade diverse ma che potrebbero incontrarsi nella definizione di un core curriculum, un nucleo essenziale di saperi e competenze (linguistiche, logico-matematiche e tecnologiche): servirebbe a definire una soglia minima da garantire a tutti nello scenario della personalizzazione inclusiva delineato da Tuttoscuola e a evitare il sovraccarico curricolare nel modello 3-16 (soprattutto nella fascia dai 12 ai 16 anni) prospettato da Scuola democratica.