In arrivo il modello nazionale di certificazione delle competenze

Nei giorni scorsi il direttore generale per gli ordinamenti scolastici, Carmela Palumbo, ha annunciato l’arrivo, ormai imminente, del modello nazionale per la certificazione delle competenze.

La certificazione è un atto dovuto: era prevista addirittura nel lontano Regolamento dell’autonomia scolastica (DPR 275/1999), è stata ribadita dalle leggi n. 53/2003 e 169/2008, ed è stata richiamata infine dal Regolamento per il coordinamento delle norme in materia di valutazione (DPR 122/2009). Ma per il primo ciclo è sempre rimasta sperimentale (mentre per il secondo ha dato luogo a una poco significativa declaratoria del piano di studi seguito dallo studente, un documento che affianca il diploma di maturità).

Tuttavia l’annuncio del Miur ha riacceso il dibattito su cosa si debba esattamente intendere nella scuola con il termine ‘competenze’ (mutuato a suo tempo dal mondo del lavoro), ponendo di nuovo in evidenza il carattere fondamentalmente contraddittorio di una normativa che affianca alla valutazione tramite i voti (numerica, basata su standard, gerarchica, esclusiva) quella fondata sulle ‘competenze’ (descrittiva, personalizzata, flessibile, inclusiva).

Per ora, in assenza di un modello nazionale, le scuole hanno operato in via sperimentale, e questo se ha consentito un’ampia gamma di soluzioni ha anche determinato una congerie di approcci e di linguaggi alla quale ora il Ministero vorrebbe porre termine predisponendo uno schema-tipo valido per tutte le scuole, accompagnato da Linee guida per la sua compilazione. E sono scattate le polemiche.