Il sostegno mancato/2. La soluzione è la personalizzazione

Tuttoscuola è tornata più volte sulla necessità di cambiare paradigma in tema di sostegno e inclusione anche attraverso i puntuali contributi offerti da Italo Fiorin a Tuttoscuola nelle sue versioni a stampa e online (si veda, per esempio, quello raggiungibile a questo link).

Al centro del dibattito è la figura dell’insegnante di sostegno, che secondo alcuni studiosi, tra i quali lo stesso Fiorin, Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli e Dario Ianes – pedagogista dell’università di Bolzano e animatore della casa editrice Erikson, specializzata nel campo delle disabilità – dovrebbe essere messa in discussione fino ad arrivare al suo superamento prevedendo per tutti i docenti una solida formazione nel campo della pedagogia e della didattica speciale e riportando almeno una parte degli attuali insegnanti di sostegno al loro originario ruolo di insegnanti curricolari, mentre un’altra parte di essi dovrebbe ulteriormente specializzarsi per svolgere compiti di consulenza (e di codocenza nei casi più difficili) per tutti i colleghi delle diverse discipline.

Questo scenario, che Tuttoscuola ha iniziato a delineare fin dalla presentazione delle “Sei idee per rilanciare la scuola” (settembre 2013), richiederebbe tuttavia una scelta di fondo, una scelta di politica scolastica (se non una scelta politica tout court), in direzione della piena inclusione di tutti gli studenti, in relazione alle loro specifiche esigenze, che passa per la personalizzazione dei percorsi formativi individuali, la riduzione delle ripetenze, una valutazione correlata ai potenziali dei singoli studenti e non a standard impersonali.

I più recenti sviluppi delle nuove tecnologie e delle neuroscienze consentono oggi di differenziare e personalizzare i modi, i tempi e gli stessi contenuti dei processi formativi, e di puntare sul successo di tutti, senza distinzione tra alunni più o meno dotati ai fini della prosecuzione degli studi.

Un obiettivo che, se perseguito con coerenza, vedrebbe coincidere il miglior risultato in termini di efficienza (il migliore risultato possibile per ciascun alunno) con il migliore risultato sul piano dell’equità (il dimensionamento dell’intervento didattico non sulla base di uno standard astratto ma commisurato ai potenziali individuali).

Sarebbe così superato in radice lo storico dilemma tra efficienza ed equità, quello che ha indotto alcuni a far coincidere la selettività e la competitività con la massima efficienza ed altri a considerare equa la semplice eliminazione delle bocciature. In realtà, come ha ricordato Ianes citando don Milani e l’art. 3 della Costituzione, occorrerebbe avere “il coraggio di fare differenze in positivo tra disuguali, per compensare differenze che altrimenti diventerebbero disuguaglianze, combattere le varie forme di marginalizzazione ed esclusione, rimuovere gli ostacoli perché ognuno sviluppi il proprio massimo potenziale, qualunque sia la sua condizione personale e sociale”.