Eduscopio 2020 (che la Cgil vorrebbe bloccare): a Milano affermazione delle scuole paritarie

Eduscopio è la mappa qualitativa degli istituti secondari superiori che la Fondazione Agnelli mette da sette anni a disposizione dei genitori italiani, soprattutto quelli che hanno i figli in terza media, per fornire loro elementi di valutazione ai fini della scelta dell’istituto migliore ai quali iscriverli.

Quest’anno Eduscopio ha preso in considerazione i risultati ottenuti nel primo anno di università (media dei voti e crediti formativi) da chi è stato matricola nel 2015, 2016 e 2017 provenendo dal rispettivo liceo o istituto (classico, scientifico, linguistico, tecnico): ben un milione e 750 mila studenti. Non sono mancate le sorprese, in positivo e in negativo, ma tendenzialmente il ranking ha premiato molte delle scuole che già nelle scorse edizioni di Eduscopio occupavano i primi posti, a partire da alcuni licei classici paritari d’eccellenza (anche per i costi) concentrati in particolare a Milano, dove occupano cinque dei primi dieci posti. In testa l’istituto Sacro Cuore, che si ispira all’insegnamento di Don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, seguito da altri due istituti paritari, l’Alexis Carrell e il San Raffaele. Solo quarto il liceo classico statale Giovanni Berchet.

Si va consolidando insomma, sia pure (per ora) soprattutto a Milano, la disponibilità delle famiglie benestanti a spendere somme di una certa consistenza (in genere circa 5.000 euro di retta base, in alcuni casi di più, oltre il costo di numerosi servizi e attività integrative a richiesta) per l’istruzione dei figli nelle scuole paritarie scegliendo in particolare il liceo classico, seguito dallo scientifico.

È probabilmente questa tendenza, evidenziata dalle classifiche di Eduscopio, ad aver indotto la Flc Cgil a parlare, in una dura nota apparsa sul suo sito, del ritorno di “una logica classista di età gentiliana, che classifica le scuole sulle richieste del mondo del lavoro su indicatori del tutto aleatori e parziali (percentuale di contratti degli studenti diplomati, percentuale di neet, media del voto di uscita, percentuale di successo nel primo e nel secondo anno di università …), eliminando di fatto il valore sociale, educativo e culturale dell’azione delle istituzioni scolastiche rimpiazzato da indicazioni di ‘borsa’ e logiche di mercato”.

Non può non destare qualche preoccupazione, tuttavia, l’invito rivolto dal sindacato al Ministero a “intervenire bloccando queste operazioni di mercato che non aiutano a scegliere i percorsi scolastici per la validità culturale che possono avere, bensì instaurano una competizione fra alunni, docenti, scuole che non solo si presta alla strumentalizzazione dei media (tutti i giornali oggi parlano di classifiche’ e ‘pagelle’), ma fornisce un disservizio alla comunità educante, impegnata alla costruzione di persone e non di numeri”.

E come dovrebbe “intervenire” il Ministero? Censurando in qualche modo Eduscopio (ma come potrebbe?) o, come sembra di capire dalle ultime righe del comunicato (“Auspichiamo che il Ministero apra al più presto con dirigenti, docenti, studenti e con le organizzazioni sindacali una seria interlocuzione sul sistema nazionale di valutazione e sul ruolo dell’Invalsi”), chiedendo all’Invalsi di fare il controcanto alle classifiche della Fondazione diretta da Andrea Gavosto, sempre redatte peraltro con rigore scientifico e con sabauda reverenza per l’oggettività dei dati? E con quali strumenti potrebbe procedere l’Invalsi se si vuole anche che i risultati dei singoli istituti non vengano resi pubblici?

Per conto nostro bisogna essere grati alla Fondazione Agnelli, che fornisce uno strumento alle famiglie utile per affrontare una scelta delicata, nella desolante mancanza di un efficace orientamento che contraddistingue la scuola italiana (a tutti i livelli) e che rappresenta una delle cause principali del grave tasso di dispersione tra i 18 e i 24 anni in Italia (che si colloca al 23esimo posto su 27 in Europa, a proposito di classifiche).