Educazione futura/2. Sarà un paradiso o un inferno? Un ‘paraferno’…

Paolo Benanti, docente di neuroetica, bioetica e teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana, e Sebastiano Maffettone, professore di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli, in un articolo cofirmato apparso sul Corriere della Sera (19 febbraio 2022) si chiedono se il futuro che le società ipertecnologizzate riservano al genere umano sarà un destino da protagonista, padrone delle tecnologie, o da vittima, schiavo di esse.

Una volta era fantascienza, ora è realtà”, e quella che “una volta era vita vissuta, ora è nella Rete” scrivono con chiaro riferimento agli sviluppi dell’Intelligenza artificiale e al Metaverso: un sogno felice o un incubo distopico? Entrambi, prevedono gli autori. “Quello che ci aspetta nei prossimi decenni è per metà Paradiso e metà Inferno. Se vi piace giocare con le parole, potete chiamarlo Paraferno”.

Le macchine sostituiranno le persone in molte attività, non solo in quelle manuali più faticose e pericolose ma anche in quelle del settore terziario, sul versante sia economico (assicurazioni, borse, banche, commercio, trasporti, pubblicità) sia sociale (istruzione, sanità, spettacolo, informazione, sport, servizi per il tempo libero, turismo).

Che tipo di educazione servirà per preparare i futuri cittadini a vivere e convivere in un mondo in cui molti dei lavori finora conosciuti spariranno, per essere sostituiti da macchine sempre più intelligenti?

Gli autori non si pongono direttamente questa domanda, ma fanno presente che quella che potrebbe sembrare una prospettiva paradisiaca (maggiore efficienza, meno lavoro, più tempo libero) potrebbe anche avere conseguenze catastrofiche se dovesse limitare gravemente l’autonomia decisionale e il libero arbitrio degli individui. “Già oggi gli algoritmi che muovono le grandi piattaforme sanno effettuare operazioni di microingegneria sociale orientando i nostri comportamenti di consumatori. Con ogni probabilità, in un mondo iperconnesso e totalmente automatizzato non potremmo scegliere neppure il colore della nostra auto e che cosa mangiare a pranzo”… E poi ancora: “Gradualmente, noi stessi tenderemo a diventare pezzi di tecnologia. Esseri misti o cyborg come spesso si dice ai nostri giorni. Saremo forse eterodiretti dalla tecnologia. Non è neppure impossibile, infatti, che le macchine pensanti, diventeranno più potenti. Tanto da estrometterci dai centri decisionali più importanti. Questa è la parte che somiglia più all’Inferno…”.

Se all’orizzonte si profila una condizione umana in bilico tra Paradiso e Inferno – quella che gli autori definiscono “Paraferno” – sarà essenziale che l’educazione futura non riguardi solo l’apprendimento delle e con le nuove tecnologie, ma anche la piena consapevolezza e padronanza delle regole etiche da porre alla base del loro impiego perché, come giustamente si osserva in apertura del loro articolo, 

La tecnologia digitale — come del resto tutte le tecnologie — è sostanzialmente neutrale. Sarebbe a dire né buona né cattiva. Buono o cattivo è l’uso consapevole che ne facciamo. È la nostra capacità in etica digitale che ci renderà in grado di rendere l’innovazione tecnologica utile o dannosa per gli esseri umani”. Ma l’etica digitale, a salvaguardia delle libertà degli individui, va definita, insegnata, appresa e interiorizzata, possibilmente sulla base di regole condivise a livello internazionale. E il più presto possibile, se non si vuole che le macchine pensanti pensino al nostro posto.

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